Sull'Ucraina l'Europa è rimasta unita

L'anno di Bruxelles tra negoziati, veti e dibattiti sugli aiuti a Kyiv, si è concluso nel migliore dei modi: il sì ai negoziati per l'adesione dell'Ucraina

La decisione dei 27 stati dell'Unione europea di avviare i negoziati per l'adesione dell'Ucraina ha concluso nel migliore dei modi un anno complicato,  in cui le decisioni su Kyiv hanno subìto ritardi, rallentamenti e freni a causa degli ostacoli posti da alcuni membri – soprattutto uno: il  leader ungherese Viktor Orbán. Più volte è stato messo in discussione il sostegno di Bruxelles all'offensiva ucraina e spesso l'opinione pubblica e i media si sono concentrati sulla "fatigue", la stanchezza occidentale nei confronti della guerra iniziata da Vladimir Putin il 24 febbraio 2022. Ma l'Europa è rimasta unita e no, Putin non sta vincendo. “Vogliamo sostenere l’Ucraina. E' un segnale politico molto potente, una decisione molto ponente. Stasera penso al popolo ucraino: siamo al loro fianco”, ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel nel giorno storico per l'allargamento dell'Ue.

 

Ecco come abbiamo raccontato sul Foglio  la proposta di sorellanza tra Ucraina ed Europa che diventa un patto per il futuro, e cosa comporta questo cammino di avvicinamento, partendo dall'ultima notizia: il sì ai negoziati per l'adesione di Kyiv. Il leader ucraino Zelensky ha detto che "questa è una vittoria per l'Ucraina. Una vittoria per tutta l'Europa. Una vittoria che motiva, ispira e rafforza"

 

I "no" del premier ungherese Viktor Orbán hanno sì spesso messo in pericolo decisioni chiave dell'Unione, ma su Euporn Paola Peduzzi e Micol Flammini hanno provato a rispondere alla domanda: l'alleanza tra Ungheria e Slovacchia, due paesi piccoli, impoveriti e contrari ai princìpi che tengono insieme l’Ue, possono davvero diventare un ostacolo all’efficacia di un consesso enorme?

 

Micol Flammini scrive sul Foglio: non esiste alcun paradigma Orbán per l’Europa centro-orientale, non esiste un contagio illiberale di ispirazione ungherese che sia una minaccia esistenziale per Bruxelles o per Kyiv. Se la Slovacchia non è l’Ungheria, tanto meno lo è la Polonia. Qui l'articolo:

 

Lo scorso mese  l'Economist ha messo in copertina una domanda: Putin sta vincendo? La risposta breve di Paola Peduzzi: no, se l’occidente non gli consente di vincere. Ciò cui dovrebbe badare l'Europa invece che discutere delle presunte liti a Kyiv o farsi ricattare dall'Ungheria

 

Qui David Carretta racconta come nonostante lo stallo nel conflitto russo-ucraino e con i media concentrati sul conflitto in medio oriente, gli alleati europei si siano preparati a rafforzare gli aiuti militari a sostegno di Zelensky:

 

Su Euporn siamo andate a vedere che cosa è successo da quando, il 23 giugno dello scorso anno  il Consiglio europeo ha concesso all’Ucraina lo status di candidato all’ingresso nell’Unione europea. La consapevolezza dell'Europa   che una fornitura di armi veloce e sofisticata può accorciare i tempi della guerra

 

Qui quando per la prima volta nella storia i ministri degli Esteri dell’Ue hanno tenuto una riunione in un paese in guerra. "La nostra determinazione nel batterci a favore della libertà e dell’indipendenza dell’Ucraina è ferma e continua”, aveva detto a  Kyiv l’Alto rappresentante Josep Borrell promettendo altri aiuti finanziari e militari. L'articolo di David Carretta:

 

Quando si parla del fatto che l’Ucraina sarà un beneficiario netto dentro l’Ue essendo un paese in guerra, iniziano i discorsi sulla torta. L’allargamento è stato pensato (e anche fatto) per aumentare la grandezza della torta, è un meccanismo bidirezionale che porta vantaggi a chi entra e a chi c’è già. L'articolo di Paola Peduzzi sugli ucraini che combattono la stanchezza degli altri diventando più operosi e determinati, e andando più veloci 

 

 

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