da bruxelles a kyiv

L'allargamento dell'Ue visto da Kyiv ritrova il suo senso esistenziale

Paola Peduzzi

L'Ucraina fa i compiti per il futuro ingresso nell'Unione europea. Le preoccupazioni di Bruxelles sulla divisione della torta tra più paesi e quelle di Kyiv sul tempo che passa e fa passare anche lo slancio

Kyiv, dalla nostra inviata. La porta dell’Unione europea è aperta e non lo era da tantissimo, quindi bisogna prepararsi bene per varcarla. L’Ucraina sta facendo i compiti – le riforme – con determinazione: “Non ci faremo sfuggire l’occasione – dice una fonte del governo – Da quando siamo una nazione indipendente, un’accoglienza così non l’avevamo mai sentita”. I funzionari europei ripetono che l’invasione su larga scala della Russia in Ucraina ha dato uno slancio nuovo all’allargamento dell’Ue per come era stato pensato: una forza d’attrazione liberale in grado di garantire benessere e convivenza per tutti gli stati membri, vecchi e nuovi. Nel 2013 c’è stato l’ingresso della Croazia, l’ultimo, e poi è cominciato quello che si potrebbe chiamare il decennio del restringimento, con la Grexit sventata e con la Brexit invece realizzata (a Kyiv, dove la passione per il Regno Unito è smisurata e dove Boris Johnson potrebbe diventare facilmente presidente, molti dicono: abbiamo riacceso l’allargamento, vi riportiamo indietro anche gli inglesi). La famiglia disfunzionale europea ha sospeso così il suo abbraccio verso est, dando naturalmente parecchie delusioni. 

 

Ora che il processo è stato rilanciato – la siesta dell’allargamento è finita, ha detto il capo della diplomazia europea Josep Borrell – ci si interroga sulla preparazione dei candidati, ma anche su quella dell’Ue stessa. L’Ucraina non riuscirà a soddisfare tutte e sette le richieste fatte dalla Commissione europea, ma ne ha completate due e ha avviato la macchina legislativa per  completare il lavoro: la Commissione europea sta valutando il lavoro fatto finora, deve consegnare il suo responso entro il mese di ottobre e probabilmente la prossima settimana il consiglio degli Affari generali europeo si riunirà a Kyiv, in modo da mostrare l’impegno di tutti. Gli altri due paesi che hanno ricevuto l’invito europeo dopo che Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina sono la Moldavia e la Georgia (alla quale è stata data “la prospettiva europea” e non la candidatura). La Moldavia ha implementato tre delle nove richieste fatte dalla Commissione europea che ha sottolineato i “grandi progressi” fatti dal paese che chiede con insistenza la protezione dell’Ue dalle persistenti minacce russe (militari ma anche propagandistiche). La Georgia è in una situazione un po’ più particolare perché ha fatto i compiti meglio di Ucraina e Moldavia ma ha un governo guidato da un partito che subisce l’influenza russa,  Sogno georgiano, che non dà sufficienti garanzie di rispetto dello stato di diritto. Il governo di Irakli Garibashvili sta già mettendo le mani avanti: se il rapporto sulla nostra prospettiva europea non sarà positivo, è perché l’Europa non fa sul serio con il nostro paese, ma intanto nel centro di Tbilisi è stato montato un grande schermo per vivere in diretta la decisione europea – comunque vada, Garibashvili sta già facendo in modo di sfruttarla a proprio favore. 

 

L’Unione europea anche sta facendo i suoi preparativi e a occhio sembra molto meno attrezzata dei paesi che vogliono entrare. I ministri degli Affari europei sono riuniti da ieri in Spagna per discutere di come l’Ue deve cambiare per poter allargarsi fino a 35 stati (se si considerano anche i Balcani occidentali): serve una riforma della governance, ripetono tutti, ma ancora i suoi contorni  non sono delineati e nelle ultime settimane, tra crisi migratoria e lotte su grano in realtà anche la convivenza a Ventisette sta subendo qualche scossone. A Kyiv però si vedono con chiarezza alcune cose che nelle capitali dell’Ue sfuggono: l’allargamento per l’Ucraina è un’occasione esistenziale, per la Moldavia e la Georgia anche, mentre per molti  paesi già membri è una concessione, quasi un favore dall’elevato significato simbolico fatto in nome di una sicurezza comune temporaneamente messa a rischio. Ogni volta che si va nel dettaglio non soltanto della governance europea ma del fatto che per un lungo periodo l’Ucraina sarà un beneficiario netto dentro l’Ue essendo un paese in guerra, iniziano i discorsi sulla torta: dovremo dividerci la stessa torta europea tra più paesi? L’allargamento è stato pensato (e anche fatto) per aumentare la grandezza della torta, è un meccanismo bidirezionale che porta vantaggi a chi entra e a chi c’è già.  Bisogna prepararla però, la torta, e la preoccupazione a Kyiv è che il tempo che passa faccia passare lo slancio. Come per molte altre cose, gli ucraini combattono la stanchezza degli altri diventando più operosi e determinati, e andando più veloci. 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi