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alleati da unire

Contro il veto di Orbán i ventisei responsabili dell'Ue studiano un piano e nuove modalità di aiuti

David Carretta

I negoziati di adesione all’Ue di Kyiv sono il test di cosa significa sostegno “fino a quando necessario”, promesso dai 27 sin dall'inizio della guerra

Bruxelles. I nemici dell’Ucraina, che sia la Russia di Vladimir Putin o l’Ungheria di Viktor Orbán, non devono farsi illusioni. Un fallimento del Consiglio europeo di giovedì e venerdì sul via libera ai negoziati di adesione “sarebbe un’enorme demotivazione per i cittadini ucraini, ma non avrà un impatto sulla nostra volontà di difendere il nostro paese”, ha detto ieri il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, rispondendo a una domanda del Foglio. “Quelli che pensano che questa decisione possa aprire la strada a concessioni o negoziati con la Russia stanno facendo un errore di calcolo”. Meno l’Ucraina sarà aiutata, più durerà la guerra. “Se in teoria il sostegno all’Ucraina dovesse diminuire, questo non aiuterà a restaurare la pace”, ha spiegato Kuleba. Eppure il rischio di un fiasco nel vertice dei capi di stato e di governo è reale.

Il ministro degli esteri ungherese, Péter Szijjártó, ieri ha confermato i quattro veti di Orbán contro Kyiv: “No” al via libera dei negoziati di adesione; “no” a un pacchetto di aiuti finanziari da 50 miliardi di euro; “no” a sbloccare le risorse della European Peace Facility per le forniture militari; “no” al dodicesimo pacchetto contro la Russia, in particolare le sanzioni contro le società cinesi e turche che aiutano Mosca a eludere le misure restrittive. “Il campo di battaglia è in Ucraina, ma ciò che è in gioco in Ucraina è la prosperità e la sicurezza dell’intera Ue”, ha ricordato Kuleba. Kuleba ieri era a Bruxelles per una discussione con i ministri degli Esteri dell’Ue sui negoziati di adesione, aiuti finanziari all’Ucraina, forniture di armi e sanzioni contro la Russia.

 

Ma “la madre di tutte le decisioni” al Consiglio europeo “è la decisione di aprire i negoziati di adesione”, ha detto Kuleba. “Questo è il momento di sostenere di più Kyiv, non meno”, ha spiegato l’Alto rappresentante, Josep Borrell. Ma il veto dell’Ungheria è sufficiente a paralizzare l’Ue. “Stiamo per testare i limiti di cosa significhi ‘fino a quando necessario’”, ha spiegato il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis: “Abbiamo promesso all’Ucraina per quasi due anni di sostenerla usando questa frase”, ma “apparentemente ‘fino a quando necessario’ significa ‘fino a quando riusciamo a metterci d’accordo tra noi’”. Secondo Landsbergis, se l’Ue non si impegnerà davvero per “la vittoria dell’Ucraina, il prezzo sarà incredibilmente alto”. Secondo l’estone Margus Tsahkna, in gioco c’è “l’architettura di sicurezza del futuro dell’Europa”.

 

Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, intende mettere Orbán con le spalle al muro dell’isolamento: 26 contro 1. Sui negoziati di adesione, cercherà di convincerlo ad accettare un classico compromesso brussellese: decidere oggi, ma con una conferma a marzo. “Se ci sarà un fallimento, servirà una decisione collettiva degli altri su cosa fare. Ma in quel caso entreremmo in un altro mondo”, spiega un alto funzionario dell’Ue. L’altro mondo è la bilateralizzazione dell’assistenza a Kyiv: non più l’Ue, ma una sommatoria di stati membri.

Sul pacchetto da 50 miliardi, il piano B passa dall’utilizzo delle garanzie di 26 bilanci nazionali invece del bilancio dell’Ue. Sulle forniture militari, la Germania si sta convincendo che la Peace Facility dell’Ue non sia più lo strumento adeguato: meglio procedere in via bilaterale. La Svezia ieri ha annunciato un pacchetto di aiuti bilaterali da 124 milioni per il periodo invernale. Eppure “è importante che il sostegno militare all’Ucraina continui a livello europeo e non solo bilateralmente”, ha avvertito un Borrell allarmato. Landsbergis ha accusato Orbán di voler distruggere l’Ue. “L’unico modo in cui posso leggere la posizione degli ungheresi, non solo sull’Ucraina ma anche su molti altri temi, è che sono contro l’Europa e tutto ciò per cui si batte l’Europa”.

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