Foto LaPresse

L'alleanza di Salvini con Orbán serve solo a Orbán

Perché il premier ungherese è il peggior nemico di Salvini. Parla Carsten Schneider, professore dell’università di Soros

Roma. A chi desidera sapere come sarà l’Italia dopo cinque anni di questo governo, il professor Carsten Schneider della Central european university di Budapest consiglia di guardare all’Ungheria. “Immaginate che il quotidiano Repubblica venga affidato a un amico di Salvini e diventi un organo di propaganda, immaginate che la stessa sorte tocchi a tutti i giornali, le radio e le televisioni”. Mentre ci chiede questo sforzo immaginativo il professore, che insegna Scienze politiche all’Università finanziata da George Soros e odiata dal governo ungherese è nel suo ufficio, nell’ateneo che per ora sta resistendo alle minacce del partito Fidesz.

   

Viktor Orbán, il primo ministro ungherese, vuole che la Central european university, la Ceu, chiuda, eppure è una delle migliori università del paese e riconosciuta a livello internazionale. “Immaginate che il governo italiano cerchi di chiudere la Bocconi o la Luiss solo perché offrono dei servizi migliori. Questo potrà accadere anche all’Italia se continuerà su questa strada”. Questa strada, quella verso il sovranismo, il nazionalismo e le minacce all’Europa, l’Italia l’ha presa ormai da qualche mese e ieri con l’incontro tra il ministro dell’Interno Matteo Salvini e il primo ministro ungherese Viktor Orbán, Roma – anzi Milano – non ha lasciato dubbi su chi vuole come alleato. C’è un Europa dentro l’Europa, quella dell’euroscetticismo – che pretende e non ammette sacrifici – e quella dell’europeismo. L’Italia è passata da combattivo rappresentante della seconda a fiera incarnazione della prima. “L’incontro tra i leader non è un pericolo in sé – dice al Foglio il professor Schneider – Ma è il contesto a essere preoccupante, arriva poco tempo prima di un vertice tra Orbán e Putin e il premier ungherese vuole rovesciare il risultato delle elezioni europee del 2019 spingendo la bilancia politica più a destra”.

  

Salvini e Orbán non appartengono alla stessa famiglia politica europea ed è probabile che il premier ungherese, che è all’interno del Ppe, stia cercando nuove alleanze insistendo sul tema dell’immigrazione. “Salvini e Orbán in realtà non hanno interessi concreti in comune e se il ministro dell’Interno italiano rimprovera all’Unione europea di essere poco solidale, allora si sta alleando con la persona meno solidale di tutte all’interno dell’Ue”. In tema di immigrazione l’Ungheria, con il suo rifiuto netto delle quote migranti, è l’ultima a voler rispondere alle richieste di aiuto dell’Italia, ma nonostante Matteo Salvini sappia che Orbán non lo aiuterà mai, lo ammira, lo segue quasi con la stima di un pupillo nei confronti di un maestro. “Salvini da Orbán può imparare a vincere. A livello ideologico, il premier ungherese ha cambiato spesso casacca, ma sa come conquistare la vittoria, sa ad esempio che la battaglia contro l’immigrazione gli porterà voti. Ma i due non vogliono imparare l’uno dall’altro, pensano che invece la loro unione possa portare loro dei vantaggi”, provocando delle rotture all’interno del Parlamento europeo. Se Salvini dice che il primo problema che l’Italia dovrà risolvere è quello dell’accoglienza, non lo risolverà di certo con chi ha varato una legge contro le ong che aiutano gli immigrati in Ungheria. Invece Viktor Orbán qualcosa può ottenere dal leader leghista.

  

L’Italia economicamente conta di più dell’Ungheria nell’Unione europea: “L’Ungheria sa di essere quasi insignificante nel panorama internazionale, l’Italia è una nazione più grande e quindi per l’Unione è anche una minaccia più grande”, spiega Carsten Schneider. Orbán è scaltro, sa che se vuole che le sue idee abbiano un peso all’interno dell’Ue deve portare dalla sua parte una nazione più forte di quelle di Visegrád. “Budapest vuole aumentare la sua influenza fuori dai confini, ad esempio è sempre più presente anche nei Balcani, ma per essere più forte in Europa deve necessariamente attrarre altre nazioni” e mettendo l’Italia dalla sua parte si è aperta enormi possibilità. Più che tra un pupillo e un maestro, il rapporto tra Salvini e Orbán ricorda quindi quello tra burattino e burattinaio, il premier ungherese muove i fili e il vicepremier italiano sembra non accorgersi di flirtare con la persona che meno lo aiuterà a ottenere successi in fatto di immigrazione. “In Ungheria come in Italia, quando si parla di immigrazione, non se ne parla per trovare una soluzione, ma per inserire il tema in agenda e ottenere altri scopi, coprire altri problemi che andrebbero affrontati, come le riforme urgenti”. Insomma, conclude Carlsten Schneider, lottare per l’immigrazione come lo fanno Ungheria e Italia serve solo a un effetto cosmetico. E se Orbán è un piccolo Putin, Salvini è un piccolissimo Orbán.