Il leghista Mario Borghezio (foto LaPresse)

“La Lega mai nel Ppe. Saremo noi ad attrarre un pezzo dei popolari”

Valerio Valentini

Parla Mario Borghezio, che tifa per Macron: “Se lui compatterà i moderati, molti partiti del centrodestra si uniranno a noi”. Avviso al M5s per le europee

Roma. Con quel suo fare un po’ così, Mario Borghezio lo dice senza imbarazzo: “Qui lo scontro è tra futuro e passato. Quando si muovono le forze della storia non ce n’è per nessuno”. E certo si resta un po’ interdetti di fronte a questa retorica vagamente millenaristica, un po’ sgraziata. E però sono in parecchi, sia tra i colonnelli storici sia tra i giovani neo parlamentari della Lega, a dire che in fondo è proprio con Borghezio – col Borghezio che come sempre anche stavolta sembra destinato a non essere ricandidato, e che però anche stavolta, come sempre, alla fine un modo per riconquistarsi il seggio a Strasburgo lo troverà – che bisogna parlare, per capire qualcosa delle tattiche future del Carroccio in campo internazionale. Se Lorenzo Fontana, promosso ministro della Famiglia, resta quello che coi leader europei tiene i contatti, il più lucido stratega resta proprio lui, “el Burghez”.

 

E lui sulle prime gigioneggia, finge di schermirsi (“Mica starete cercando in casa mia i 49 milioni?”). Poi, quando gli si chiede cos’è che Matteo Salvini dovrebbe fare, in vista delle europee, si fa subito serio. E “non credo – dice, capendo già dove si vuole andare a parare – che la Lega abbia l’interesse, né la disponibilità, ad annacquare la propria proposta o alterare la propria vocazione”. Sovranista, gli chiediamo, antieuropea? “Identitaria”, corregge lui. “Sì, c’è una mouvance identitaria che si sta affermando, quasi spontaneamente, un po’ in tutti i paesi europei. E noi ne siamo la forza trainante. La Lega o è questa Lega, o non è”. E se poi Emmanuel Macron dovesse davvero riuscire a compattare intorno a sé “questo fantomatico fronte della cosiddetta area di centro”, allora, scommette Borghezio, “finirà perfino per rendere più facile il gioco di Salvini”.

 

“Nel momento in cui una parte dei sedicenti moderati si sgancerà dal Pse – ragiona Borghezio – i partiti storici della famiglia del centrodestra verrebbero inevitabilmente attratti da una coalizione sovranista, di cui la Lega è il punto di riferimento. Pensa alla Spagna: se Ciudadanos fa il centrodestra moderato, i popolari di Casado dov’è che andrebbero a a cercare asilo? La stessa Csu potrebbe sganciarsi dalla Merkel, alla fine”. Manfred Weber, leader in pectore del Ppe, tende una mano a Salvini. “Sgomita. Ma la Lega non può accettare, ora, politiche di centrismo: annasperemmo nel politicamente corretto”. E insomma hic manebimus optime? “Più che altro, hic facciamo il pieno di voti: portiamo a casa il massimo risultato ottenibile grazie a questa posizione d’avanguardia che ci siamo guadagnati. Grazie a Salvini, godiamo di una visibilità e di una considerazione enorme, ora, in tutt’Europa”.

 

E quindi al voto, a maggio prossimo, con chi? “Con tutti i partiti dell’arco costituzionale europeo che si riconoscono nella volontà di costruire una alternativa, in nome dell’autodeterminazione dei popoli. Con la Le Pen, con AfD e tutti gli altri aderenti all’Europa delle nazioni e delle libertà”. E poi? “E poi la nostra avanzata scardinerà gli equilibri: a Strasburgo tanti partiti in questi anni stanno vegetando, prigionieri di logiche che neppure loro condividono, ma che accettano per mera convenienza. Se noi diamo una prospettiva di rottura reale, ci verranno dietro”. E il M5s? “Be’, loro avrebbero un interesse enorme nell’unirsi a noi. Sono a-ideologici, come noi e anzi più di noi: e proprio su questa battaglia europea troverebbero la legittimazione delle loro proposta politica, che smetterebbe di essere la mera espressione di un disagio. Se poi loro il cambiamento lo vogliono realizzare con Macron, facciano pure. Ma perderebbero l’occasione di entrare nel flusso della storia”. Un flusso un po’ caotico, però: l’internazionale dei nazionalisti, non è un’aporia? “Il Sacro romano impero, questo era: un mosaico di popoli e di etnie diverse, ognuno con proprie strutture giuridiche e politiche. L’Europa non deve essere una caserma governata da una moneta, deve essere invece la patria delle patrie. Un trionfo delle diversità. Silvius Magnago, da sudtirolese identitario, parlava dell’Europa come di una unione delle differenze. Oggi invece l’Ue si regge sull’annullamento delle diversità nell’omologazione e nell’obbedienza ai dogmi dell’austerity. E non può durare”.