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Ecco perché il M5s spera che Salvini entri presto nel Ppe

Valerio Valentini

Di Maio ammicca a Macron, che prende tempo. Ma se il leader della Lega crea il fronte dei sovranisti, per i grillini è il panico

Roma. Ci sono momenti in cui la previsione prende forma di auspicio, e magari perfino di scongiuro. E così i vertici del M5s giurano che loro non fanno altro che esprimere una “ragionevole congettura”, quando dicono che “alla fine, vedrete, Matteo Salvini entrerà nel Ppe”. E però è evidente che a dare sostanza a questo pronostico c’è più che altro un timore: e cioè che alla fine il leader della Lega rinunci a chiedere asilo ai popolari e costruisca invece un fronte dei sovranisti europee. La qual cosa, evidentemente, complicherebbe non poco i piani grillini, peraltro assai indefiniti al momento, in vista delle europee.

  

Anche per questo il 28 agosto scorso, il giorno dell’incontro tra il ministro dell’interno e Viktor Orbán a Milano, parecchi parlamentari del M5s, pur dissimulando contrarietà, in realtà esultavano: “Avete visto? Salvini intende dare la scalata al Ppe, servendosi appunto del premier ungherese”. E anche per questo hanno accolto con un certo sollievo l’apertura del bavarese Manfred Weber – leader dei popolari europei candidatosi anzitempo alla presidenza della Commissione – ai “Gianni e Pinotto del sovranismo europeo” (il copyright è di un senatore grillino, che però preferisce l’anonimato al riconoscimento dei diritti). E qui sta la speranza: che Salvini accolga l’invito, e si lasci ingabbiare da Merkel e compagni. A quel punto, per il M5s si aprirebbero trattative su più tavoli.

  

La prospettiva più solida, in questo senso, è anche quella apparentemente più paradossale: e cioè un’alleanza con Emmanuel Macron. Il presidente francese, pur con tutto l’imbarazzo del caso, avrebbe interesse ad incassare l’appoggio, e i voti, del M5s: le distanze programmatiche, forse perfino antropologiche, al momento sono evidenti, ma le diplomazie interne sono al lavoro da tempo. “Nessun contatto, solo semplici dialoghi, con Macron come con tutti i leader europei”, dicono gli eurodeputati grillini. Ma dalle parti di Bruxelles non è passato inosservato il silenzio di Luigi Di Maio nei giorni in cui lo scambio di accuse tra Salvini e Macron si è fatto più aspro. Un’afasia un po’ sospetta in chi di solito, invece, non perde occasione per fare dichiarazioni avventate: un eccesso di prudenza preventiva, come di chi non voglia correre il rischio di guastare rapporti che potrebbero maturare. E d’altronde, Macron è stato pur sempre il primo capo di stato a telefonare a Giuseppe Conte, prima ancora che il preincarico dell’avvocato del popolo maturasse in un vero e proprio mandato di governo. Attenzione ricambiata, ovviamente. Anche a giudicare da certi apparenti ultimatum, che in verità appaiono come degli ammiccamenti, rivolti da vari esponenti grillini al leader di En Marche. “Un patto con Macron? E perché no. Ma prima risolva la questione libica”, ha detto Angelo Tofalo, sottosegretario alla Difesa, il 30 agosto scorso. “Se Macron vuole davvero essere amico dell’Italia allora segua l’indicazione di Di Maio: apra i porti francesi e poi si vedrà”, dice al Foglio l’eurodeputato grillino Marco Valli.

  

E certo non sfugge a nessuno, ai piani alti del Movimento, che allearsi a Strasburgo con quello che il proprio sodale di governo a Roma considera il principale nemico da abbattere. E tuttavia questo scenario, per quanto incerto, resta comunque preferibile rispetto a quello che vedesse Salvini costituire un’internazionale dei nazionalisti in vista del voto di maggio prossimo. A quel punto, di fronte a un polo euroscettico, al M5s resterebbero due vie, entrambe sconvenienti. La prima: entrare in questa alleanza sovranista, ma in un ruolo gregario rispetto alla Lega salviniana, che sarebbe la capofila del blocco. “E finiremmo per essere schiacciati da Salvini in modo quasi irrimediabile”, confessano i grillini. La seconda: indossare i panni dei filoeuropeisti convinti, contrapporsi agli strepiti di chi invoca meno vincoli di bilancio e più chiusura dei confini, e insomma abiurare una retorica che al momento frutta consensi più di quanti non ne garantiscano leggi e provvedimenti, peraltro ancora inesistenti, del sedicente governo del cambiamento. “E’ chiaro che la sfida sarà delicata, e che al momento noi siamo indietro rispetto a Salvini nella costruzione delle alleanze”, dice un uomo di governo del M5s. Che aggiunge: “Metterci a fare gli europeisti sarebbe complicato, ma vedrete che non sarà così. E anzi, forse sarà Salvini a dover spiegare ai suoi elettori che si siede accanto alla Merkel”. E dunque? “E dunque – dice il grillino – la si può anche vedere così: tra noi e la Lega, nel gioco dei tatticismi europei la spunterà chi riuscirà a snaturarsi meno”.

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