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Cosa unisce davvero Salvini e Orbán

I due leader portano avanti l’idea che l’Europa stia fallendo. Gli europeisti si diano una mossa, chiede il Financial Times

"L’incontro della scorsa settimana tra Viktor Orbán e Matteo Salvini è stato più che il mero inizio di una bellissima amicizia”, ha scritto sarcasticamente Wolfgang Munchau nel suo ultimo editoriale sul Financial Times. “L’alleanza anti migranti formata dal premier ungherese e il ministro dell’Interno italiano è formidabile, perché potrebbe seminare il germe di una nuova coalizione. E’ difficile organizzare un golpe in Europa. Il sistema presenta un sacco di latenze e l’aritmetica elettorale del Parlamento europeo rende impossibile per un solo partito, o anche due, formare una maggioranza. Ma se i nazionalisti vanno bene alle prossime elezioni, potrebbero ritrovarsi nella posizione di forgiare una coalizione informale. Il partito Fidesz di Orbán è membro del Partito popolare europeo, il gruppo europeista di centro-destra del Parlamento europeo. La Lega di Salvini è parte del Movimento per un’Europa delle nazioni e della libertà, che include il da poco ribattezzato Raggruppamento nazionale di Marine Le Pen. C’è poi un altro gruppo parlamentare di destra, che include gli uscenti conservatori britannici e il partito polacco Diritto e giustizia. Questi gruppuscoli non sono uniti, ma quasi tutti vogliono rinazionalizzare la politica migratoria".

 

"La domanda è se i nazionalisti riusciranno a cooptare alcuni membri del centrista Partito popolare nella propria coalizione, al di là di Orbán. Se ci riescono, potrebbero vincere. Finora sono riusciti a evitare un’evidente trappola. Non sono capitolati alla richiesta dell’Italia di istituire quote europee di rifugiati da ridistribuire. Orbán è tra coloro che vi si oppone. Salvini e Orbán, sia ben chiaro, difendono interessi diametralmente diversi. Quello che li unisce è l’obiettivo strategico generale: dimostrare che l’Unione europea sta fallendo nel tentativo di implementare una politica efficace. Più questo fallimento diviene evidente, più facile sarà per loro rinazionalizzare la politica migratoria. Nel Partito popolare europeo i sentimenti anti migranti sono ben radicati. La recente crisi di governo in Germania è stata provocata dalla proposta [del ministro dell’Interno del Partito democratico-cristiano bavarese, ndt] di bloccare alcuni rifugiati al confine. Molti deputati democristiani sono critici delle politiche pro migranti di Angela Merkel. Va notato che i nazionalisti hanno un vantaggio: visto che non hanno nessuna agenda propositiva per l’Ue, nutrono meno gelosie reciproche rispetto ai centristi. La sfida posta dai nazionalisti è più seria di quanto i loro sondaggi individuali facciano credere. Salvini e Orbán sono degli ‘agenda-setters’ mentre l’unico agenda-setter sull’altra sponda è Macron (visto che la Merkel ha bocciato tutte le sue proposte di riforma della Ue). Sono loro, al momento, i veri rivali nella politica europea ed è tutt’altro che scontato che prevalgano gli europeisti. La sfida che li attende è troppo incerta per rimanere seduti comodi”.

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