Júlio Pomar, 1931, Atelier-Museu Júlio Pomar

“Lolita non sarebbe pubblicata nel 2018”

Giulio Meotti

Una psicologa sul “panico morale” che esonda anche in letteratura

Roma. E’ in corso una “insidiosa censura morale” tale che “non si sa più come e dove fermare questa macchina infernale”. Lo ha scritto ieri sul quotidiano francese le Monde la psicoanalista Sarah Chiche, una delle promotrici dell’appello delle cento personalità, come Catherine Deneuve, a favore della “libertà di importunare” e contro il puritanesimo che impazza sulle molestie sessuali. E’ una febbre che irrompe anche in letteratura.

 

“Il critico Alexandre Gefen ha richiamato l’attenzione sul fatto che la letteratura di oggi è dedicata alla riparazione del mondo” scrive Chiche. “L’effetto di conformismo è sottostimato. I resoconti in prima persona di esperienze sociali, sessuali e politiche traumatiche sono diventati un indicatore identificativo della letteratura. Diciamo che è persino un nuovo standard. E’ tutta questa la letteratura?”. Non è irrealistico pensare, scrive ancora Chiche, “che nel 2018 ‘Lolita’ di Nabokov o l’‘Impero dei sensi’ di Oshima rimarrebbero per sempre nei cassetti”. “Tutto è iniziato con una discussione edificante con il mio editore”, ha spiegato poi a Libération Sarah Chiche. “Per me, c’è un palese legame tra questa censura artistica e il vento da panico morale di cui siamo testimoni”. Nel libro “Réparer le monde”, lo studioso di letteratura Alexandre Gefen, direttore di ricerca al Cnrs, spiega che “ammorbidire le imperfezioni del mondo” è l’approccio dei romanzieri contemporanei, a rischio di “cancellare i confini tra letteratura, terapia personale e ingegneria sociale”. La letteratura non deve più essere bella o intrattenere il lettore, deve “curarlo”. Una sorta di “neorealismo” piegato ai dettami del politicamente corretto.

 

A 270 anni dalla pubblicazione, il romanzo “Fanny Hill” di John Cleland, la storia di un’anziana cortigiana che guarda indietro alla propria vita scandalosa, è stato appena eliminato dal curriculum della University of London. Alla scrittrice americana Laura Moriarty è andata peggio. Il suo libro, “American Heart”, aveva ricevuto una stella dalla Kirkus Reviews, la storica rivista che benedice i romanzi americani. Ma dopo un torrente di critiche sui social, la Kirkus ha ritirato la stella. Motivo? Il romanzo non sarebbe abbastanza “sensibile” nel descrivere la protagonista musulmana, Sadaf. Sull’ultimo numero della New York Review of Books, la scrittrice Francine Prose si è chiesta: “Dovremmo eliminare ‘Madame Bovary’ perché a Flaubert mancava l’‘esperienza vissuta’ di cosa significasse essere una irrequieta casalinga di provincia? Non potremo più leggere ‘Otello’ perché William Shakespeare non era nero?”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.