Durante l’occupazione di Roma nel 1943 i tedeschi portarono via 626 cassette contenenti lingotti per circa 120 tonnellate e 543 sacche di monete. La refurtiva sarà poi riconsegnata nel 1945 dagli Alleati. Da ruolo di Vincenzo Azzolini, allora govenatore, a quello del suo successore Luigi Einaudi
Il 25 aprile evoca la memoria del furto dell’oro della Banca d’Italia durante l’occupazione di Roma nel 1943. Il piano inclinato degli eventi che fecero del governatore dell’epoca, Vincenzo Azzolini, una figura controversa si mise in moto subito dopo l’armistizio dell’8 settembre, quando il comando tedesco di Roma pianificò il trasferimento in Germania dell’oro della Banca d’Italia. Azzolini venne a sapere il 19 settembre che il giorno dopo una delegazione tedesca si sarebbe presentata a Palazzo Koch. Con l’aiuto decisivo del direttore generale Niccolò Introna, racconta Federico Fubini nel suo “L’oro e la patria” (Mondadori 2024), Azzolini fa costruire durante la notte una camera murata per nasconderne buona parte. Per asciugare in fretta l’umidità e la vernice, i funzionari della banca accesero lampade e ventilatori.
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