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Massacro letterario

Giulio Meotti

“Purgheremo i classici per renderli inoffensivi”. E’ satira nel romanzo di Patrice Jean. Ma sta accadendo

Roma. Nelle scorse settimane la Francia si è divisa sull’opportunità di ripubblicare i pamphlet antisemiti di Louis-Ferdinand Céline, dalle “Bagatelle per un massacro” alla “Scuola dei cadaveri” (Guanda li pubblicò e ritirò negli anni Ottanta). La casa editrice Gallimard aveva deciso di porre fine al divieto, in vigore in Francia da ottant’anni, sui libri maledetti dello scrittore francese. Ma se le cose continuano così, anche il romanzo più celebre di Céline, il “Viaggio al termine della notte”, potrebbe essere sforbiciato in nome del giusto sentire.

  

E’ quello che immagina lo scrittore Patrice Jean nel suo nuovo romanzo, “L’homme surnuméraire”. Una satira sociale dove il protagonista, Clément Artois, è un editor disoccupato che trova lavoro presso la casa editrice Gilbert. Stanno mettendo su una nuova collana che sarà chiamata “Letteratura umanistica”. Clément ha il compito di “espungere da un’opera le parti che feriscono la dignità dell’uomo, il senso del progresso e la causa delle donne”. Un comitato di “alte figure morali” compone il comitato di lettura, dove Clément è responsabile dei passaggi mancanti. “Il grosso corpo della facoltà parlava più dei diritti umani che della letteratura”.

   

Così, il “Viaggio” di Céline viene ridotto a una quarantina di paginette innocue (da qui il termine “céliner” adottato da Artois per definire il ruolo del nuovo correttore di bozze). Si fanno due collane dai titoli edificanti: “Le Belle Lettere Egualitarie” e i “Romanzi senza Razzismo”. Clément viene assunto per rivedere i classici della letteratura allo scopo di liberarli da qualsiasi scoria. Fumo, sessismo, razzismo, questo è il nemico.

   

Lo ha detto l’autore stesso al Figaro: “Che uno scrittore possa essere in pace con il suo tempo mi sembra davvero curioso. Avrebbe fatto meglio a diventare un parrucchiere”. E poi, non sta forse già succedendo? “Quando leggo Nietzsche, Schopenhauer, Baudelaire, Pessoa o anche Molière, dico spesso che una simile frase, un tale paragrafo, oggi, subirebbe il fulmine della censura. Ci piace vedere tutto bello nello specchio dei libri”. Soltanto nell’ultimo mese, una petizione ha cercato di eliminare un quadro di Balthasar “Balthus” Klossowski dal Met di New York, un regista si è preso la libertà di cambiare il finale della Carmen di Bizet, i nudi striminziti e avvinghiati di Schiele sono stati oscurati nella metropolitana di Londra, mentre “Via col vento” e i romanzi di Mark Twain sono stati sloggiati da alcune scuole americane. Un giorno, è una madre inglese che sostiene che la favola della bella addormentata va eliminata perché il giovane principe bacerebbe la principessa senza il suo “consenso”, alimentando così nell’immaginario collettivo la “cultura dello stupro”. Un altro è l’accademica Laure Murat che su Libération esprime la propria costernazione sul film “Blow-up” di Antonioni, il cui protagonista è un giovane fotografo che non esita a molestare i suoi modelli femminili. Murat gli imputa “una misoginia e un sessismo insopportabili”.

  

“Oggi il razzismo sociale di Molière è arcaico, non possiamo più mettere in scena i contadini per prenderli in giro, è davvero abietto”, dice l’editore responsabile del progetto nel romanzo di Jean. “Non possiamo più permetterci di pubblicare pagine che sfidano l’umanità”. Se questi sono gli esiti del massacro della “sensibilità”, meglio tutto il pacchetto. Bagatelle comprese.

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  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.