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Così l'incendio del Tmb Salario peggiora la crisi dei rifiuti a Roma

Gianluca De Rosa

Senza discariche e inceneritori la Capitale rischia il tracollo. E il prossimo 31 dicembre scadrà il contratto con la Regione Abruzzo che permette ad Ama di inviare una parte consistente dell'immondizia

A Roma è emergenza rifiuti. È una frase sentita mille volte, ma da questa mattina la questione è più seria che mai. Una nuvola di fumo grigio già da prima dell'alba avvolgeva la via Salaria, ma prima ancora di vederla in tutto il quadrante nord-est della Capitale è stata la puzza a far capire che c'era qualcosa che non andava. Questa mattina alle 04.15 si è sentito un botto. Poi fumo e puzza hanno invaso la zona. Il Tmb Salario, l'impianto di trattamento dei rifiuti di Ama che ogni giorno riceve 600 tonnellate di rifiuti tra trattamento e stoccaggio, un quinto della produzione totale della Capitale, è andato a fuoco. "Le cause sono ancora ignote", spiegano i Vigili del Fuoco che però parlano di una situazione all'interno davvero drammatica. 

  

Da quanto si è appreso finora, a prendere fuoco è stata la parte superficiale delle oltre 2.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati che si trovavano nella vasca principale dell'impianto. Le fiamme si sono poi propagate alla struttura, ai nastri trasportatori e agli olii che permettono il funzionamento del sistema idraulico che fa lavorare il Tmb. Sul posto è stata convocata una cabina di regia d'emergenza dove sono intervenuti la sindaca di Roma Virginia Raggi, il ministro dell'Ambiente Sergio Costa, gli assessori all'Ambiente di Comune e Regione, Pinuccia Montanari e Massimiliano Valeriani, il capo di Gabinetto della Presidenza della Regione Lazio Albino Ruberti e anche il prefetto Paola Basilone.

 

"C'è una cabina di regia tecnica per capire come gestire il ciclo dei rifiuti che fino ad oggi venivano portati qui al Salario. Al momento Arpa ha comunicato che tutti i livelli sono all'interno dei valori ordinari", ha provato a rassicurare la sindaca Raggi durante una conferenza stampa improvvisata in alcuni uffici a pochi metri dall'impianto. Le parole della prima cittadina sono però state accolte dalle grida di rabbia di diversi cittadini. Quelli che da anni, da quando nel 2011 l'impianto è stato messo in funzione, ne chiedono la chiusura e denunciano puzza, bruciori di gola e problemi agli occhi. Sono gli abitanti di Fidene, Villa Spada, Nuovo Salario, i quartieri che si trovano a un passo dall'impianto e dove i prezzi delle case e dei negozi sono crollati, dove d'estate bisogna stare con le finestre chiuse. "No Tmb, no Puzza" è lo striscione che arriva ancora prima delle telecamere davanti ai cancelli del sito Ama. 

 

 

L'impianto era stato recentemente oggetto di una durissima relazione dell'Arpa che sosteneva sostanzialmente che per la scarsa qualità del trattamento dei rifiuti più che un impianto di trattamento, quello del Salario, era diventato una discarica. A un passo dal centro abitato. Una relazione che ha anche portato a una risoluzione parlamentare a firma della deputata di Leu ed ex presidente di Legambiente Rossella Muroni che chiedeva la chiusura del Tmb e un'indagine epidemiologica sugli abitanti. 

 

Anche il municipio – dove il presidente Giovanni Caudo lo scorso giugno ha praticamente vinto le elezioni promettendo la chiusura dell'impianto – chiede da mesi una cabina di crisi per l'emergenza rifiuti e la chiusura del Tmb (dal Campidoglio la promettevano per il 2019, ma questa mattina la Raggi ha detto che "avverrà entro la fine del suo mandato (2021 ndr)", ma fino a oggi non era accaduto nulla. Eppure già nel 2015 l'impianto prese fuoco, ma allora a bruciare furono solo le coperture della struttura. Nulla rispetto a quanto accaduto questa mattina.

 

"Purtroppo in Italia bisogna aspettare il disastro per risolvere i problemi. Avevamo chiesto una cabina di crisi in tempo di pace, l'abbiamo ottenuta in tempo di guerra", dice Caudo, che aggiunge: "Non so se serve un commissario straordinario, ma l'emergenza dei rifiuti a Roma ora deve essere affrontata come un problema nazionale".

 

Intanto il prossimo 31 dicembre scadrà il contratto con la Regione Abruzzo che permette ad Ama di inviare fuori regione una parte consistente di rifiuti indifferenziati e così, con il sistema già al collasso, si rischierà davvero il caos. E tra le diverse (non ne basterà una sola) soluzioni già si parla del tritovagliatore di Manlio Cerroni, l'uomo della discarica di Malagrotta che per anni ha garantito la chiusura del ciclo dei rifiuti nella Capitale, a Rocca Cencia. Una soluzione ipotizzata all'inizio della consiliatura Raggi proprio dall'ex assessore all'Ambiente Paola Muraro che voleva utilizzare il macchinario per sgravare il lavoro dei Tmb Ama (ne esiste un secondo a Rocca Cencia) e permettere il loro revamping, la loro ristrutturazione. Un'attività che forse oggi avrebbe evitato l'incendio. O forse no. Secondo il ministro Costa, infatti, dei lavori sull'impianto si stavano già facendo: "Lascia perplessi – ha detto – che proprio quando si fa un lavoro e si prova a sistemare, guarda caso parte l'incendio. Voi sapete che io vengo da terre particolari, non faccio sillogismi, lasciamo lavorare la Procura della Repubblica, ma ho il dovere di essere scocciato perché il lavoro si stava facendo per dare una risposta ai cittadini". 

 

Da tutte le istituzioni, municipio compreso, arriva un grido unanime: "Facciamo appello a tutte le Regioni di Italia per dare una mano a Roma". 

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