Impianto termovalorizzatore A2A di Brescia

Raggi si fa bella con gli inceneritori degli altri

Enrico Cicchetti

Dopo l'incendio del Tmb Salario, la sindaca di Roma corteggia Brescia e ringrazia Torino, pronta ad accogliere i rifiuti nel suo termovalorizzatore. Proprio quello contro cui i grillini si battevano fino a ieri

Roma. Le premesse sono chiare: martedì 11 dicembre Roma si sveglia sotto un pennacchio di fumo nero e denso che presto invade tutto il quadrante nord est della città, fino al centro. È l'obsoleto impianto di trattamento meccanico biologico dei rifiuti Tmb Salario che sta andando a fuoco. Il rogo, sul quale la procura indaga per disastro colposo, è un duro colpo per la Capitale: l'impianto era uno dei più controversi – da anni al centro di contestazioni dei residenti – ma era anche uno dei più importanti, in grado, almeno sulla carta, di trattare fino a 750 tonnellate di rifiuti al giorno (ne trattava in media 600-650): quasi un quarto di tutto l'indifferenziato prodotto quotidianamente in città (3 mila tonnellate circa). A Roma i cassonetti vomitano già montagne di immondizia. E visto il particolare periodo dell'anno, in cui di norma la produzione di spazzatura raggiunge il picco, tra maggiori consumi e afflusso di turisti, si prevede una nuova “emergenza monnezza”, come quella che avvenne fra Natale e Capodanno 2017.

 

 

 

ll Tmb Salario non riaprirà più”, ha scritto la sindaca Virginia Raggi in un post su Facebook, all'indomani dell'incidente. “Al suo posto vorremmo realizzare un impianto di riciclo creativo, un luogo dove le persone possono portare oggetti che non usano e che avranno vita nuova. Potrà essere anche un luogo di aggregazione, in Francia li chiamano repair cafè”. La soluzione della sindaca può far sorridere – ci si immagina già i romani trascorrere dolci pomeriggi estivi all'ombra di cataste di ciarpame “riqualificato” – ma non può certo stupire: il M5s ha sempre fatto del “superamento” dei termovalorizzatori (che tradotto vuol dire chiusura) uno dei punti cardine della sua politica ambientale. Tanto da inserirlo nel contratto di governo con la Lega. 

  

Una certa sorpresa è lecita invece, quando sul profilo Twitter di Virginia Raggi si legge uno scambio di smancerie con la sindaca grillina di Torino, “pronta a sostenere Roma dopo incendio a impianto rifiuti su cui indaga Procura. Grazie Torino, grazie Chiara Appendino. Questo è senso delle Istituzioni a servizio dei cittadini e dell’Italia”.

 

Ma come? Vuoi vedere allora che, nonostante i proclami grillini, i termovalorizzatori servono ancora, soprattutto nelle grandi città? L'ex deputato pd Stefano Esposito risponde subito a Raggi: “Sai che devi ringraziare me. Sono io il papà del termovalorizzatore di Torino, la tua socia Appendino non lo voleva e avrebbe voluto chiuderlo. Quindi ringrazia me, Sergio Chiamparino e il Pd che abbiamo impedito a quelli come voi di bloccare questo impianto”.

 

  

Ribatte anche Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle regioni: “Un anno fa quando Ama chiese la disponibilità dell'Emilia Romagna ad accogliere rifiuti da Roma io accettai, poste alcune condizioni su quantità e durata. Dopo pochi giorni venni deriso e insultato dal M5s perché accusato di speculazione politica”. Ma sì sa, come su Ilva, Tap, Terzo valico – e in fondo anche sull'irrinunciabile 2,4 per cento di rapporto deficit/pil, oggi invece rinunciabilissimo – i tempi cambiano. Quando si scontrano con la realtà, sogni, promesse e truffe lessicali del M5s crollano miseramente. E quindi anche discariche e termovalorizzatori, da sempre banditi dall'orizzonte grillino, in mancanza di alternative valide e di fronte alle emergenze, rientrano, paradossalmente, in gioco.

 

 

Ma il termovalorizzatore di Torino non è l'unico che la giunta romana ha “corteggiato” per smaltire i rifiuti della Capitale. C'è anche l'impianto A2A di Brescia che però, riferisce il Giornale di Brescia, è off limits:

“Sono bastate le prime 'telefonate esplorative' per capire che a Brescia non c’è margine. Per questioni tecniche ma anche per ragioni politiche. La 'richiesta informale' è arrivata direttamente ad A2A. Un 'sondaggio', come viene definito dall’azienda, per capire se c’erano le condizioni per imbastire una trattativa. In realtà la porta è stata chiusa subito: 'Il termoutilizzatore di Brescia è saturo'. La trattativa non è nemmeno partita, riferiscono fonti interne all’azienda: 'Se prendessimo i rifiuti di Roma, dovremmo togliere un analogo quantitativo proveniente da altre città. Ma ci sono contratti in essere che non ci consentono di farlo' spiegano da A2A”.

Va detto, per altro, che una parte della spazzatura romana viene già bruciata a Brescia, con buona pace della proposta di legge depositata dall'alleato di governo leghista che impone “l’autosufficienza” di ogni regione nello smaltimento dei rifiuti. 

    

   

Per avere un po' di respiro, in tutti i sensi, a Roma (forse) ci vorrebbe un'impennata della raccolta differenziata, che purtroppo resta al palo: era al 43 per cento a metà del 2016 (dati della semestrale di bilancio) oggi è solo al 45 per cento (il quadro l'ha tracciato ieri la Fise Assombiente, associazione delle imprese di raccolta, riciclo e bonifica, basandosi sui dati Ispra). Il problema – come sottolineava qualche tempo fa l’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici di Roma Capitale nella sua relazione annuale – Ama non ha nemmeno i mezzi sufficienti per coprire il servizio di raccolta porta a porta. Anche il dossier pubblicato da Legambiente Lazio a inizio giugno evidenziava come nel corso del 2017 la differenziata fosse cresciuta solo dell’1,45 per cento rispetto all’anno precedente, mentre le tanto vituperate “precedenti amministrazioni” (Marino e Tronca) erano salite dal 27 per cento del 2013 al 43 per cento con un aumento annuo del 6 per cento.