La grande bellezza, dietro il fumo nero

Stefano Ciavatta

Resiste il mito della città eterna. Malgrado il rogo del Tmb Salario

Nel giorno in cui la nube tossica del Tmb Salario in fiamme avvolgeva minacciosa una parte di Roma, con effetto apocalittico alla Indipendence day, sulla vetrina di Instagram gli account devoti alla Città eterna, quelli che per professione (sul campo o virtuale) propagandano l’immagine di Roma, hanno opposto una irriducibile resistenza al fattaccio. Traveller “based in Rome”, stranieri adottati dalla città con molti “love” e “since” in bio, guide archeologiche, tourist operator 2.0, community custodi del volto estetico dell’“Eternal City”, nessuno ha dato traccia della presenza grigia sprigionata da un impianto comunale che gestisce un quinto dei rifiuti urbani. I tramonti struggenti sul Tevere e altre mirabilia urbis scorticate da photoshop, gli scorci “ancient Rome” col cuore in gola, hanno tenuto botta.

 

Pur di non sporcare il sogno e la bacheca, neanche stavolta si è scesi dalla vespa di “Vacanze romane”, neanche quando dai sospirosi Pincio e Gianicolo la nube è stata visibile. In onda su Instagram non va mai la città ordinaria, che non per forza deve essere in ginocchio, ma il mito straordinario, che resiste e si autoalimenta, ecco la fabbrica incessante di Roma, un alleato prezioso per le casse, meno ingombrante dei torpedoni, ma che promette l’atterraggio a trentacinque milioni di visitatori annui in un sogno estenuato, accanimento estetico dentro un centro ritoccato che fa esclamare: ok, già visto, tutto qui? Infatti i dati recenti dicono che a Roma non si torna.

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