(foto LaPresse)

Trump vs Biden, benvenuti nella "dementia campaign"

Paola Peduzzi

Nella corsa presidenziale irrompe il video manipolato e l’accusa per i due di non esserci con la testa

Joe Biden è il candidato da battere, la campagna per la rielezione di Donald Trump non lascia, come sempre, margini di dubbio. C’era da aspettarselo: il presidente Trump è arrivato fino all’impeachment piuttosto che ammettere di aver fatto qualcosa di sbagliato quando ha congelato gli aiuti militari e umanitari a un paese straniero finché non si trovava sulla scrivania materiale compromettente riguardo un rivale politico interno. E chi era quel rivale? Joe Biden. Ora i segnali sono sempre più evidenti. Nel fine settimana è successa una cosa che, dicono gli esperti, non ha precedenti: Twitter ha segnalato che un video è stato manipolato con obiettivi politici – si aspetta che anche Facebook, che come si sa ha un impatto molto più alto, faccia lo stesso. Il video in questione riprende una parte di un discorso tenuto da Biden sabato a Kansas City, in Missouri. La frase di Biden era: “Scusatemi, ma possiamo soltanto rieleggere Donald Trump se continuiamo a tenere in piedi questo plotone d’esecuzione a cerchio. Farò una campagna elettorale positiva”. L’ex vicepresidente stava insomma dicendo (a Bernie Sanders, il suo rivale alle primarie): basta con le faide interne scorrette, con gli sgambetti pericolosi, scontriamoci sulle nostre diversità ma manteniamo positivo il messaggio del Partito democratico. I trumpiani hanno preso soltanto la parte di messaggio utile alla loro campagna: “Scusatemi, possiamo soltanto rieleggere Donald Trump”. Trump ha ritwittato questo video editato che era stato messo sul social dal direttore della campagna social del presidente, Dan Scavino, che ha detto che il video era stato fatto a St Louis (in quel discorso c’è un’altra versione ancora di quello stesso concetto, che ovviamente ricorre nella retorica di Biden: l’unità del partito, non facciamoci male da soli).

 

Il video manipolato è l’elemento più evidente della campagna di denigrazione fondata su un concetto: Biden non c’è con la testa. L’armata digitale dei trumpiani – che si vede nitida sulle tv di stato russe, ma è animata da americani – dice che Biden è un bugiardo corrotto, ma soprattutto che ha un problema cognitivo molto grave. Le prove sono: ha detto di essere candidato al Senato invece che alla Casa Bianca, ha confuso sua moglie con sua sorella, si è dimenticato il nome di Obama. All’indomani della vittoria di Biden al SuperTuesday, quella che ha reso l’ex vicepresidente uno sfidante credibile, Tucker Carlson ha detto nella sua trasmissione: “Biden ha passato tutta la sua vita cercando di avere successo in politica. Ora che ce la sta facendo, non è presente per godersela”, cioè non c’è con la testa (Carlson è il megafono della propaganda della Casa Bianca: aveva accompagnato Trump all’incontro con il dittatore nordcoreano quando l’allora consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton era stato mandato in Mongolia per una missione non ben definita. Carlson sostiene anche che per combattere il Covid-19 bisogna “abbandonare la globalizzazione”). Trump stesso ha detto che con Biden alla Casa Bianca ci sarebbero dei cambiamenti epocali di cui “lui non sarebbe nemmeno a conoscenza”: “Lo metteranno chiuso da qualche parte e saranno altri a guidare il paese”. Un paio di giorni fa, Politico ha messo in fila le accuse dei trumpiani a Biden e quelle che da anni vengono rivolte a Trump e ha detto: benvenuti nella campagna elettorale della demenza senile – Bernie Sanders, 78 anni, è il più anziano. Anche se a volte quel “senile” sembra di troppo: Donald Jr, figlio attivissimo di Trump, ha sfidato a un dibattito il figlio di Biden, Hunter, che aveva un ruolo nella società ucraina Burisma su cui la Casa Bianca voleva un’inchiesta da parte del governo di Kiev. La domanda cui vorrebbe rispondere Donald Jr è: chi di noi due ha approfittato di più finanziariamente del padre in politica? Un gran bel tema, soprattutto nel mezzo di un’epidemia che fa strage di padri, nonni, patrimoni.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi