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Il caso della ministra inglese Priti Patel, con difesa (ehm) del marito

Paola Peduzzi

E se a essere bulla è una donna? Il ministro dell’Interno britannico è da giorni sulle prime pagine dei giornali perché uno dei più longevi funzionari dell’Home Office, sir Philip Rutnam, l'ha accusata di essere bugiarda e aggressiva

Milano. Eccolo qui, l’atteso e temuto SuperTuesday che assegna il 30 per cento dei delegati di tutte le primarie democratiche e che in perfetta sintonia con questa corsa 2020 tutta strappi e sobbalzi potrebbe essere la giornata decisiva – per Bernie Sanders che se va molto bene sfiderà Donald Trump – o quella dell’incertezza fino all’ultimo, a litigarsi delegati e incoronazione, ennesima testimonianza di un partito lacerato ma non rassegnato. 

  

Sanders è il favorito, virtualmente potrebbe vincere in tutti i 14 stati in cui si vota oggi (in ordine di delegati, dal più grande: California, Texas, Carolina del nord, Virginia, Massachusetts, Minnesota, Colorado, Tennessee, Alabama, Oklahoma, Arkansas, Utah, Maine, Vermont), tranne in Alabama dove gli elettori afroamericani sono tanti e preferiscono, secondo le rilevazioni e il voto di sabato in Carolina del sud, l’ex vicepresidente Joe Biden. In realtà i sondaggi danno scarti tra i vari candidati spesso dentro ai margini d’errore e la ripartizione proporzionale dei delegati rende ogni percentuale molto importante. Sanders può vincere quindi, ma bisogna vedere di quanto, perché su quelle differenze si giocheranno i prossimi appuntamenti. Ieri si è ritirata Amy Klobuchar anche se si vota nel suo stato, il Minnesota: la senatrice ha detto di sostenere l’ex vicepresidente Biden. E’ ancora in corsa Elizabeth Warren – si vota nel suo stato, il Massachusetts – ma molti si aspettano che abbandoni la corsa entro breve. Domenica si è anche ritirato – con un discorso bello e semplice in linea con la sua campagna – Pete Buttigieg, dando in questo modo una grande mano a Biden: il sindaco di South Bend, in Indiana, parla allo stesso elettorato dell’ex vicepresidente, e in due rischiavano di frammentare ulteriormente il fronte moderato, a tutto vantaggio di Sanders. Proprio dalle parti dei moderati ci sono state le maggiori sorprese in questa prima parte di primarie: l’elettorato moderato non è affatto spento o rassegnato o in ritirata, anzi. Si è mostrato ben più vivace e attivo di quanto potesse sembrare dalle tendenze sempre più radicali delle sinistre occidentali (tendenze rilevate nei sondaggi e nelle intenzioni, ma va ricordato che nel Regno Unito, dove la proposta radicale è andata al voto, è stata sconfitta). I moderati però non hanno trovato il “proprio” candidato, si sono divisi tra Buttigieg e Biden e la Klobuchar, e così il tesoretto dei delegati si è spezzettato. Ne ha approfittato Sanders e forse anche l’incognita di questo SuperTuesday, la new entry Michael Bloomberg, l’ex sindaco di New York che inizia oggi il suo test nelle urne.

 

Biden e Bloomberg hanno adottato strategie molto diverse rispetto alle primarie di oggi. A dire il vero, Bloomberg ha adottato una strategia unica, dettata dal suo patrimonio personale: non si bada a spese. Nessuno, nemmeno Donald Trump, ha le stesse capacità di spesa dell’ex sindaco, e quindi il risultato che otterrà oggi Bloomberg ha un significato molto più ampio rispetto al già grande supermartedì: i democratici si sono convinti che l’unico in grado di battere Trump è Bloomberg? La costruzione a tavolino di una campagna con molti soldi a disposizione è più potente di una leadership come quella, per dire, di Biden, tutta empatia, buon senso, esperienza? Le risposte saranno importanti, per questa corsa presidenziale ma anche più in generale per il futuro del Partito democratico.

 

In questo momento, lo slancio di Bloomberg sembra un po’ affievolito (lo diciamo non essendo negli stati che sono stati bombardati dalla comunicazione dell’ex sindaco), perché gli americani e ancor più i media adorano le rinascite, i ritorni, i segnali di vita quando tutto sembrava finito: il momentum ora è per Biden, il “comeback grandpa” come è stato soprannominato, che dopo un inizio mesto ha dato prova in Carolina del sud di essere quel che aveva promesso: un candidato in grado di creare una coalizione di elettori ampia, magari più larga di quella del 2016. In questo Sanders, dicono alcuni esperti, è meno bravo: mobilita i suoi, l’elettorato tradizionalmente democratico, ma non allarga la base.

 

Per questi calcoli ci sarà tempo, intanto oggi si risponderà a tre domande rilevanti: Sanders è inevitabile? Si possono “comprare” le elezioni pur di battere Trump? L’antidoto era il nonno Biden (che tra l’altro è il più giovane dei tre uomini rimasti in corsa) e se n’è accorto solo Buttigieg?

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi