Genova, crollo Ponte Morandi (foto LaPresse)

Anche la tragica vicenda del ponte Morandi si ammanta di una teoria del complotto

Massimo Bordin

Almanaccare sui mandanti è molto più affascinante che attenersi ai fatti concreti

Da ieri anche la tragica vicenda del ponte Morandi si ammanta di una teoria del complotto, di tipo per di più molto azzardato: non un cedimento avrebbe provocato il crollo ma una serie di microcariche accortamente piazzate per causarlo. Un attentato, dunque. Gli autori? Al momento è impossibile saperlo, ma sui mandanti si possono formulare più ipotesi, ci si può sbizzarrire. Chi ha messo in circolo la avventurosa ipotesi non è un giornalista di serie C o un magistrato in pensione, ma un ingegnere, Enzo Siviero, professore che ha a lungo insegnato all’università di Venezia, città dove si è occupato anche del collaudo del ponte di Calatrava. Insomma, un vero esperto di ponti, tanto che la società dei Benetton aveva pensato di affidargli una consulenza, idea poi non concretizzatasi, come ha precisato la società Spea dopo le esternazioni del professore a una tv veneta. In sostanza Siviero è attento a parlare di semplice compatibilità dell’ipotesi dell’attentato rispetto alle modalità del crollo ma si spinge a valutare l’ipotesi come la più probabile. Il procuratore capo di Genova, dottore Francesco Cozzi, definisce “fantasiose e deliranti” le parole del professore e ha ribadito, nei suoi ormai quotidiani contatti con la stampa, che l’indagine deve restare ancorata a fatti concreti. Ha sicuramente ragione ma i fatti concreti sono noiosi e la loro analisi giudiziaria è tecnicamente complessa. Almanaccare sui mandanti può affascinare molti. Un esperto di comunicazione come il mago Otelma, genovese, lo ha subito capito, vergando un comunicato contro i pm riottosi. “Si indaghi. Lo vuole il popolo!”, ha concluso.

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