(foto LaPresse)

Fantasmi del passato

Edoardo Camurri

Il virus, come la Macchina, sta chiudendo spazio e tempo: una via per uscirne. In memoria di un amico

A Mirko Bertuccioli.

 

E’morto un amico e non è cambiato niente. Il tempo è sospeso in tutto il mondo; il sistema immunitario dell’umanità ha scatenato la sua difesa: la congelazione della vita. E’ un tempo di revenant; e allora tanto vale tornare a quanto scrivevamo qui la settimana scorsa e provare a ripartire dalle stesse parole: “Il desiderio del dadaista è di poter rievocare sciamanicamente i demoni del passato per scatenarli nel presente. Per riassumere: il dataismo della Macchina si è appropriato del futuro per chiuderci nel passato, mentre i fantasmi del passato sono i possibili alleati di un dadaismo del futuro. 2666 tornerà a questo serpente che si mangia la coda”. Eccolo qua, il serpente: la Macchina algoritmica tratta il tempo come lo sta trattando in queste settimane il virus; lo rende disponibile e stretto, circolare e identico, appropriandosene con il suo veleno.

 

E’ un processo che, per paradosso, è iniziato tempo fa. Lo avevamo raccontato; il filosofo Alexandre Kojève, nelle sue lezioni su Hegel degli anni Trenta del Novecento, aveva annunciato l’avvento della fine della Storia e il ritorno dell’uomo all’animalità: l’uomo si sarebbe ancora un poco intrattenuto a contemplare il paesaggio del suo passato, sulla grande internet della sua Storia, fino a incepparsi regressivamente in una mancanza di interesse, in una saturazione noiosa, nell’Alzheimer del Sapere assoluto, muto come quello di una zecca, di un elefante, di un gatto, di un pianeta deserto.

 

Ora è necessario collegare tutto questo rievocando la figura di un altro grande filosofo, Mark Fisher. Poco prima di suicidarsi nel 2017, Fisher lavorava a un libro che doveva intitolarsi “Comunismo acido”. Questo volume era un tentativo di trovare un’uscita dalla Macchina, dalla fine della Storia; Mark Fisher dava a questa chiusura e fine di ogni possibilità il nome di “Realismo capitalista”. “La conseguenza estrema della cancellazione di tali possibilità – ha scritto Fisher – è la condizione che ho definito ‘realismo capitalista’, l’acquiescenza fatalistica all’idea che non esista alternativa possibile al capitalismo”. Non siamo di fronte un discorso unicamente politico, perché qui abbiamo a che fare anche con un’osservazione metafisica e con uno sforzo magico e sciamanico di contrastare il senso profondo della fine della Storia, così come la Macchina algoritmica l’ha sintetizzato nella sua parodia del sapere assoluto hegeliano.

 

Mark Fisher era una sorta di guerriero gnostico, un alleato dei dadaisti del futuro che 2666 vorrebbe prefigurare, e le poche pagine di “Comunismo acido” che Fisher è riuscito a scrivere (si possono leggere nel volume di Minimum fax intitolato “Il nostro desiderio è senza nome”) accennano alla necessità di un contro-rituale capace di sciogliere l’incantesimo della chiusura. “Il concetto di comunismo acido fa riferimento sia agli sviluppi storici presenti sia a una confluenza virtuale non ancora verificatasi nella realtà. Ciò che è potenziale esercita un’influenza anche senza essersi attualizzato. Il marchio di ‘un mondo che potrebbe essere libero’ si ritrova impresso nelle strutture stesse di un mondo realista capitalista che rende impossibile la libertà”.

 

Sono parole adatte per la guerra spirituale che è in corso: occorre individuare una possibilità ancora inespressa all’interno delle forme culturali, politiche e sociali già accadute nella Storia, e riattivarla contro le forze della chiusura in atto, Macchina o virus che siano. Prima che l’uomo torni all’animalità, prima che la Macchina algoritmica ci chiuda nell’eterno presente del suo flusso d’informazioni, quando ancora la fase della contemplazione del nostro passato ci lascia uno spiraglio, Fisher richiama l’impossibile, evoca il revenant: “Ciò che è potenziale continua a esercitare un’influenza anche senza essersi attualizzato”. Per Fisher, questo marchio, questo potenziale, è la grande controcultura psichedelica degli anni 60. Ed è il rimosso che deve tornare. Il tempo è un serpente che si mangia la coda, ma la storia dell’uomo è ricca di uova di serpente che devono ancora schiudersi, e che sono nascoste tra le sue rovine. I fantasmi del passato sono i possibili alleati del dadaismo del futuro. Scrive ancora Fisher: “La questione definitoria centrale della psichedelia è quella della coscienza, e della relazione con ciò che viene sperimentato come realtà. Se gli elementi fondamentali dell’esperienza, come il nostro senso di spazio e di tempo, possono essere alterati, ciò non significa forse che le categorie attraverso cui viviamo sono plasmabili, mutevoli?”.

 

E’ morto un amico e non è cambiato niente, ma di questo parlavo con lui l’ultima volta che ci siamo visti. Lo spazio e il tempo si stanno chiudendo su di noi. Ma non possiamo rinunciare a pensare alla possibilità di alterarli, di uscirne fuori, di trasformare vecchie potenze in nuovi atti. E’ la strada, oggi lastricata di ridicolo e di stupidi pudori, dell’estasi e del dionisiaco e dell’ebrezza. 2666 ne parlerà più nel dettaglio prossimamente. Il mio amico non ne sarebbe arrossito. Era un dadaista. E questo il virus non poteva capirlo.