(foto LaPresse)

Bouvard e De Garis

Edoardo Camurri

Un’idea di Intelligenza artificiale (a Wuhan) e il suo autore, un precipitato del delirio flaubertiano

2666 torna a Wuhan per mostrare il volto scavato e delirante del futuro. Ci chiediamo: ciò che oggi sta capitando potrebbe essere il segno di una guerra che si sta combattendo più avanti nel tempo, magari proprio nel 2666 (ma è molto più probabile che tutto sia esploso un po’ prima del 2100)? Questa guerra, insomma, si starebbe ripercuotendo retroattivamente fino a noi, retroagendo come un segnale di un circuito cibernetico, come un feedback, come un’iperstizione, cioè una profezia che si auto-avvera e percorre al contrario i secoli per riscrivere il proprio passato? Stressare i concetti della science fiction, utilizzare gli strumenti dell’ucronia come categoria politica, oggi – e ciò che sta accadendo con la pandemia sta solo accelerando e evidenziando tutto questo – sembra essere diventata una forma di realismo e di necessità esistenziale. Ed è per questo che bisogna tornare a Wuhan e tornare a spaventarsi a Wuhan.

 

Siamo nel 2008 e il professor Hugo de Garis, fisico teorico e computer scientist tra i più importanti del mondo, viene ingaggiato dal governo cinese per sviluppare, proprio presso la stessa università di Wuhan, il più grande progetto di Intelligenza artificiale concepito dal regime e il primo basato sull’imitazione del funzionamento del cervello umano. Hugo de Garis è australiano, è nato nel 1947 a Sidney e, sin dal 1990, dopo essere approdato a Cambridge e prima di lavorare in Giappone e negli Stati Uniti, si trova a Bruxelles come ricercatore presso lo Starlab, un tentativo di Mit europeo. Proprio in questi anni, Hugo de Garis si convince che nella seconda metà del Ventesimo secolo esploderà una guerra planetaria che produrrà – l’espressione è sua – “gigadeaths”, cioè miliardi di morti, e che lui, il professore, sarà al centro di questa faccenda incresciosa.

 

Hugo de Garis l’ha raccontata in un libro del 2005 intitolato “The Artilect War”. “Il mio nome è Professor Hugo de Garis – questo è l’incipit – sono a capo di un gruppo di ricerca che disegna e costruisce cervelli artificiali, un campo di cui sono stato uno dei pionieri più importanti. (…) Sono molto preoccupato che, nella seconda metà del nostro nuovo secolo, le conseguenze del lavoro che svolgo avranno un impatto così negativo sull’umanità da farmi avere una reale paura del futuro”.

 

De Garis è convinto, e con lui molti scienziati che lavorano in questo campo, che lo sviluppo tecnologico, in pochi decenni, porterà alla creazione di esseri artificiali miliardi e miliardi di volte più intelligenti degli uomini e che gli uomini, privi di scampo, serviranno e adoreranno come divinità. Secondo De Garis tutto questo condurrà a una guerra di proporzioni incommensurabili tra “Cosmisti”, cioè gli umani che si metteranno al servizio di queste intelligenze artificiali (da lui definite “Artilects”) e i “Terrans”, cioè gli umani che proveranno a opporsi sin da subito a questo progetto. De Garis immagina una guerra combattuta inizialmente tra Cina e Stati Uniti, con una Cina destinata a diventare sempre più forte, fino alla morte degli stati nazione; lui stesso si schiera con i Cosmisti anche se prevede che gli Artilects, in quanto infinitamente più intelligenti di noi, ci lasceranno autodistruggere senza troppi rimpianti e senso di riconoscenza.

 

Il suo libro è una via di mezzo tra il delirio paranoico delle “Memorie di un malato di nervi” di Schreber e il trattato sulla guerra di von Clausewitz, ma il suo ragionamento, in un certo senso, ha appena iniziato a produrre i suoi effetti e ci obbliga a rintracciarne i segni in ciò che è in corso. In questo senso, De Garis, oggi sembra essere stato hackerato.

 

Il mondo che lui ha descritto si manifesterebbe infatti come una conseguenza logicamente satanica della irresistibile stupida bonomia di Bouvard e Pécuchet, i protagonisti dell’ultimo libro di Flaubert, sperimentatori totali di ogni sapere – dal giardinaggio all’astrofisica – sistematori del mondo, nei quali, come scrive Roberto Calasso ne “L’innominabile attuale” (Adelphi), si è cristallizzato quel che, centocinquant’ anni dopo, diventeranno internet e la vita nel cyberspazio.

 

E’ piuttosto sconvolgente. Oggi De Garis è il precipitato di quel delirio flaubertiano e insieme è la macchia cieca su cui convergono i raggi dell’attuale Macchina algoritmica; come se De Garis fosse diventato la prima vittima di quella guerra che lui stesso ha annunciato e scatenato e che poi si è incanalata all’interno del suo sistema nervoso. Oggi De Garis è in pensione; è tornato a vivere in Australia e sul suo volto scavato e sconvolto si legge la mappa della battaglia in corso. Nei pochi video su YouTube disponibili, girati in tinelli da quarantena perenne, De Garis invoca il predominio e l’isolamento maschile rispetto alle donne e denuncia perenni complotti giudaici; non diversamente da un suprematista bianco qualsiasi su 4chan, De Garis è un incel che conduce una grottesca polemica dietro una tastiera e una webcam.

 

Il lato oscuro di Bouvard e Pécuchet si è dunque manifestato, come ironia dell’iperstizione, in un hackeraggio dell’intelligenza di un uomo fuori dal comune; non si può quindi escludere del tutto un’ipotesi che De Garis stesso forse approverebbe: dal futuro i Terrans hanno trovato il modo di colpire i progenitori dei Cosmisti, perché questa storia e questa guerra non devono neanche cominciare.