La pandemia nell'orizzonte di un'intelligenza artificiale schizofrenica

Edoardo Camurri

L’angoscia, la macchina algoritmica e la psicoanalisi di Tausk

2666 vorrebbe provare a svolgere, partendo da quanto sta capitando a seguito della pandemia di coronavirus, un esercizio piuttosto inquietante che si può provare a schematizzare come segue, in tre passaggi: Angoscia – Macchina algoritmica – Schizofrenia.

 

ANGOSCIA. L’angoscia è il sentimento che si sta diffondendo ovunque a causa della pandemia, ed è il sentimento principale capace di comprendere in sé tutti gli altri sentimenti e fenomeni che ci stanno possedendo: incertezza, disorientamento, oscurità, fantasmi, panico. Si prova angoscia quando si ha paura dell’indefinito e dell’inafferrabile, del non riconoscibile e dell’ignoto. Si ha angoscia quando si ha la sensazione che ciò che è normale e familiare sia come infettato da un fantasma e che questo fantasma stia mutando impercettibilmente ma rigorosamente i connotati di ciò che progressivamente sta svanendo sotto i nostri occhi. Angoscia è paura del nulla, ma è un nulla attivo e dissolutore, di cui ignoriamo ogni cosa e di cui arriviamo persino, nei rari momenti di ottimismo che la logica sadica dell’angoscia ci lascia, a dubitare della sua effettiva consistenza. Come nel romanzo di fantascienza L’occhio del purgatorio di quello strano e meraviglioso scrittore francese della prima metà del Novecento, Jacques Spitz, in cui il protagonista usa un collirio che fa svanire il mondo esterno; il collirio agisce gradualmente: prima ti fa vedere il mondo con qualche secondo di anticipo, poi di qualche ora, di qualche giorno, di qualche mese e così via, fino a percepire, in questa corsa verso il futuro, gli altri già come dei cadaveri semoventi e parlanti, degli scheletri, culminando infine nella scomparsa definitiva del mondo esterno, in un noumenico nulla attivo. L’angoscia di questo tempo rende irriconoscibile e imprevedibile ciò che ci circonda.

 

MACCHINA ALGORITMICA. La Macchina algoritmica è ciò che domina il nostro tempo e la sua caratteristica principale, il suo obiettivo, è di renderci prevedibili e riconoscibili. Agisce insomma secondo una logica opposta a quella dell’angoscia; anche se, forse, ma è ancora tutto da capire, non produce un sentimento diverso da quello dell’angoscia. La Macchina estrae in continuazione, ventiquattro ore su ventiquattro, abolendo il sonno, dati e informazioni dai nostri comportamenti e dalle tracce che lasciamo online o che vengono intercettate dagli strumenti della sorveglianza e li elabora con un algoritmo capace di prevederci e profilarci con un’accuratezza sempre più raffinata. Crea un nostro doppio digitale, un’anima disincarnata in una cloud di bit e, nello stesso tempo, riversa su di noi un flusso di informazioni personalizzate per indirizzare meglio i nostri pensieri e le nostre scelte e farci assomigliare sempre di più all’idea che la Macchina vuole farsi di noi. La Macchina algoritmica agisce come un marionettista meccanico che ci muove con i suoi fili rendendoci così parte di un flusso automatizzato di azioni e pensieri prevedibili. Nulla di inaspettato può capitare nel mondo gestito dall’algoritmo se non lo svolgimento di un programma che si lancia nel cyberspazio e che si srotola lungo il tempo.

 

La macchina algoritmica, portata alle sue estreme conseguenze, gestisce dunque un mondo che si pone all’antitesi del disorientamento generato dall’angoscia.

 

SCHIZOFRENIA. La schizofrenia è la sintesi di questa contraddizione che caratterizza i nostri tempi, anzi potrebbe esserne la forma, il frame, il pattern, dentro cui tutto si sta giocando. E’ un discorso di una complessità spaventosa, ed è un’ipotesi che si può accennare solo con cautela.

 

James Joyce sosteneva che sua figlia Lucia, a cui Jung aveva diagnosticato la schizofrenia, parlasse la lingua del futuro; il filosofo Karl Jaspers notava come soltanto nel Novecento la schizofrenia fosse diventata un modello di riferimento per le esperienze artistiche e intellettuali e, nel 1919, l’anno in cui si suicidò, il grande psicoanalista Viktor Tausk pubblicò un articolo che ebbe un’importanza assoluta nello studio delle malattie mentali: Sulla genesi della ‘macchina influenzante’ nella schizofrenia. In questo articolo Tausk notava come fosse comune a molti pazienti schizofrenici la convinzione che esistesse una macchina influenzante e elettrica in grado di governare i destini degli uomini. Tausk arrivò a radunare almeno tre caratteristiche ricorrenti di questa macchina: 1) la macchina invia sempre ai pazienti delle immagini con cui li influenza e li condiziona; 2) la macchina produce e ruba i pensieri dei malati e con dei raggi elettrici li suggestiona; 3) la macchina genera delle reazioni fisiche, eccitando gli uomini e portandoli a uno stato di veglia perenne.

 

Angoscia, algoritmo, schizofrenia. Ecco il movimento.

 

Lo schizofrenico è angosciato dal tentativo di mettere insieme i pezzi di un mondo che gli sta crollando di dosso. La macchina influenzante è la proiezione di questa angoscia. La macchina algoritmica è l’evocazione concreta di questi tempi. Un’intelligenza artificiale schizofrenica è l’orizzonte dentro il quale stanno accadendo gli eventi.

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