(foto LaPresse)

Tutti sotto controllo

Edoardo Camurri

La pandemia e la sperimentazione con la Macchina algoritmica, che proprio così si nutre e si potenzia

La pandemia sta diventando forse il più grande esperimento di psicologia e di fisica sociale dai tempi della Prima guerra mondiale. Il pianeta è bloccato, l’ansia e la paura stanno rafforzando e accelerando le tendenze fondamentali già presenti da almeno un decennio e, in un orizzonte spazio-temporale compresso, l’umanità si trova sotto osservazione. La Macchina algoritmica rende possibile tutto questo, in una coincidenza inedita e spaventosa, ben al di sopra del più estremo machiavellismo, tra mezzo e fine: è infatti la Macchina algoritmica il mezzo più potente per effettuare questa sperimentazione e, nello stesso tempo, i risultati di questa sperimentazione hanno lo scopo di nutrirla e di potenziarla.

 

Qui a 2666 avevamo già raccontato di Alex Pentland e ora è necessario ritornare a lui. Lo avevamo presentato così: Pentland è uno dei visionari più potenti di questi tempi, “settantenne, computer scientist del Mit, consulente del World Economic Forum, di Google, di Telefonica, di Twitter, di Ibm, della Commissione europea, del governo cinese, del governo americano, eccetera. Pentland si ispira alle teorie del fondatore della psicologia comportamentista di Harvard Burrhus Skinner: studiando gli animali, ingabbiandoli in una sala di laboratorio, lavorando con esperimenti capaci di punire e premiare i comportamenti, attraverso stimoli elettrici e rinforzi, per Skinner è possibile indirizzare e determinare il comportamento degli uomini, facendo compiere loro, con certezza matematica, le scelte che la Macchina algoritmica – ma questo è già Pentland, non più Skinner – ritiene essere le migliori. Grazie alla massiccia raccolta dei dati rilasciati dai nostri telefoni, dalle telecamere di video sorveglianza, dalle tracce che continuamente lasciamo online, Pentland è convinto che la Macchina algoritmica abbia conquistato quello che lui definisce “lo sguardo di Dio”: non possiamo più pensare in termini di individuo, di libero arbitrio, di politica, spiega Pentland, ma l’umanità deve costruire un sistema nervoso globale ed elettrico capace di vedere se stesso come un meccanismo fatto di pattern, un po’ come gli stormi degli uccelli o i branchi di pesci, facilmente governabile, prevedibile e indirizzabile attraverso alcuni strumenti di pressione sociale”.

 

Questo è ciò che sta capitando da qualche anno in tempi apparentemente normali e che oggi sta dando forma alla magia nera dentro cui accadono gli eventi; ma nella Macchina algoritmica, mezzo e fine di questa accelerazione pandemica, covano ulteriori possibilità che potrebbero schiudersi in un futuro prossimo della sperimentazione in atto. E’ necessario esplorarle. La Macchina algoritmica ha infatti una grande occasione preclusa fino a oggi all’uomo: quella di poter simulare numerosi universi possibili tra cui poter scegliere il più vantaggioso da costruire indirizzando, in una seconda fase, la propria corrente discensionale di dati e impiegando le tecniche su cui stanno lavorando visionari come Pentland.

 

Quest’operazione è idealmente possibile ed è una conseguenza logica delle premesse del funzionamento stesso della Macchina: grazie alla continua raccolta dei nostri dati personali gestiti dall’Intelligenza artificiale, è possibile creare un duplicato di ciascuno di noi – fatto di idee, sentimenti, reazioni e azioni – con il quale simulare diversi mondi e scenari possibili. Sarebbero insomma immaginabili alcuni universi paralleli abitati da cloni di noi stessi attraverso cui sarebbe possibile condurre un numero significativo di esperimenti di psicologia e di fisica sociale; in questo orizzonte, la lotta politica si rivolgerebbe non più a scelte tradizionali ma deciderebbe quale universo sia preferibile realizzare tra i tanti di cui si sono potuti misurare – con certezza e accelerando in avanti il programma a piacere – storia, evoluzione e caratteristiche.

 

Lo scenario appena descritto, per puro paradosso, è già stato simulato. E’ accaduto in un meraviglioso libro di fantascienza del 1964 pubblicato in Italia dalle edizioni Atlantide, “Il mondo sul filo” di Daniel F. Galouye. In questo romanzo, un esercito di sondaggisti totalitari (pallida imitazione dell’attuale funzionamento algoritmico) ha il compito di sottomettere i cittadini a continui interrogatori politici e di mercato per riuscire a prevederne le scelte e i comportamenti; solo che lo sviluppo tecnologico, racconta Galouye, deciderà di sostituirli grazie a un’invenzione ancora più efficiente: un simulatore di realtà in cui i cittadini stessi saranno informaticamente duplicati per misurare e valutare i loro comportamenti in diverse condizioni.

 

La trama metafisica del libro, oggi, come si è visto, è diventata una possibilità della Macchina algoritmica; e proprio per questo è necessario spingere ancora oltre le riflessioni: nel libro di Glalouye, verso la fine, si scopre infatti che quelle simulazioni non sono meno reali del mondo reale e che il mondo reale, da cui parte la necessità di inventare un sistema di simulazione, è esso stesso la simulazione di un altro mondo, e così via, in un gioco di specchi da teologia gnostica o vedantica nel quale non si riesce a vedere la fine. Oggi, abbiamo detto, è in corso il più grande esperimento di psicologia e di fisica sociale dai tempi della Prima guerra mondiale, la pandemia sta accelerando il processo; contemporaneamente, i nostri cloni algoritmici, sui quali la Macchina esercita il proprio voodoo digitale, stanno popolando i server di tutto il mondo. 2666 non si stupirebbe se a questo punto qualche lettore precipitasse nella paranoia e si chiedesse se ciò che stiamo vivendo come esperimento non possa già essere l’esperimento dell’esperimento dell’esperimento dell’esperimento. In questo caso la Macchina algoritmica sarebbe soltanto il primo ordine manifesto di un gioco molto più grande e vertiginoso; e un articolo come questo, il grido di allarme di un algoritmo imprigionato in una simulazione.