Il no al 5G sta diventando un altro virus
Un patto trasversale tra estremismi contro la tecnologia del futuro. Fermateli
Evviva, dopo i No Tav, i No Vax e i No Tap, arrivano i No 5G: oltre 500 comuni si oppongono alla nuova rete di telefonia mobile considerandola dannosa per la salute, benché la comunità scientifica (e non l’industria interessata) abbia ripetutamente smentito. Non si tratta solo di centri minori: alla “Allenza italiana stop 5G” aderiscono per esempio le amministrazioni leghiste di Vicenza e Udine, quella di centrodestra di Foggia, il sindaco autonomista di Messina Cateno De Luca, che durante la pandemia si è conquistato la fama dei social a suon di video anti sbarchi. Ma anche Francesco Italia, sindaco di Siracusa e aderente ad Azione, il partito di Carlo Calenda. A suon di ordinanze bloccano l’attivazione della rete, vanificando in parte gli sforzi per adeguare l’Italia agli standard digitali e alla diffusione di internet di ultima generazione. Contro di loro si muovono fondazioni di orientamento liberal e pro progresso come le Fondazioni Einaudi e Magna Charta, l’istituto Bruno Leoni, la Fondazione Olivetti.
“L’evidenza dell’importanza delle reti digitali ci è stata ricordata proprio dal lockdown” dice Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno Leoni. “Ritardare lo sviluppo del 5G vuol dire penalizzare l’economia e l’inclusione sociale”. Al contrario, il coronavirus ha fatto proseliti tra chi è convinto che la telefonia del futuro abbia misteriosamente a che fare con il Covid. Dunque mentre le istituzioni e le task force, dalla Ue a Vittorio Colao, raccomandano all’Italia di potenziare le reti digitali investendo su di esse anche i fondi europei – e il governo sta forzando Tim e Open Fiber ad accelerare sulla rete unica in fibra ottica – spuntano fuori gli eredi dei movimenti del No. Magari si pentiranno come i No Vax o si arrenderanno all’evidenza come i No Tav. Nel frattempo, dopo un buon inizio che aveva portato l’Italia al terzo posto in Europa dopo Svizzera e Svezia negli investimenti sul 5G, si assiste a una frenata che secondo un report di Cisco di febbraio 2020 fa prevedere che nei prossimi tre anni fra i maggiori paesi europei ci precederanno Regno Unito, Svezia, Germania e Spagna. Vedremo se le buone intenzioni del governo si inchineranno al veto dei poteri locali che a loro volta si inchinano alle fake news.
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