Filippo Tortoriello, presidente di Unindustria (foto LaPresse)

"Se continua così moriamo di incertezza"

Gianluca De Rosa

Le voci degli imprenditori romani. Quarantamila aziende a rischio. Tortoriello (Unindustria): “Dov’è il decreto del governo?”

Roma. “Non sappiamo quale sarà l’evoluzione di questa epidemia: ci sono una marea di punti interrogativi. Serve un atteggiamento pragmatico”. Nulla spaventa l’economia come l’incertezza. Filippo Tortoriello presidente di Unindustria, la Confindustria romana, lo sa bene. L’incertezza in economia è un termine allo stesso tempo tecnico e spaventoso. E’ quella situazione di indeterminatezza non quantificabile, non gestibile come i rischi ordinari di un’azienda perché irriducibile a una probabilità, a un numero premonitore. Il problema vale per l’industria, come per il commercio.

 

Dice Antonio Fainella, direttore di Confartigianato Roma: “Spesso questa epidemia viene paragonata a una guerra, ma un conflitto si conclude con un trattato di pace e a quel punto la ricostruzione può ripartire, qui invece nessuno sa quando tutto sarà davvero finito. La ripartenza va programmata perché sennò tutto crolla, ma rimanendo sempre vigili attenti”. E’ questo ragionamento che spinge il direttore di Confartigianato a sostenere che ancora più importante della riapertura dei negozi sono le garanzie per i cittadini. L’incertezza, mutuata in paura, riguarda anche loro. “Aprire i negozi senza garantire alle persone di potersi recare lì a comprare in sicurezza e senza rischi non servirebbe a nulla”, dice Fainella. Ed è per non aver sufficientemente messo a fuoco questa questione, non aver considerato abbastanza questa incertezza che Filippo Tortoriello sostiene che il meccanismo messo a punto dal governo per garantire liquidità per oltre 400 miliardi alle imprese – la “potenza di fuoco” di Giuseppe Conte – sia “farraginoso.” Spiega il presidente degli industriali romani, iniziando con una piccola postilla. “Mi sarei aspettato – dice – che ci fosse un po’ di coerenza: che quando si annuncia un decreto, il provvedimento effettivamente ci sia. Il fatto che sinora invece non sia stato pubblicato, ci mette davanti a una situazione d’impasse”.

 

Poi, Tortoriello spiega comunque le sue critiche: “Potenzialmente – dice – sono state prese in considerazione tutte le esigenze portate avanti anche da Confindustria, ma il meccanismo è farraginoso: il fatto che il punto di riferimento sia il sistema bancario non aiuta. In Francia e Germania le misure sono molto più semplici, efficaci e certe perché le banche sono il tramite, i faciliatori, qui, invece, saranno lo strumento per erogare la liquidità alle imprese con tutte le difficoltà del caso”. Il presidente degli industriali romani torna poi sul cruciale tema della domanda. “Oggi – dice – non sappiamo cosa accadrà con la riapertura: chi acquisterà immediatamente un’automobile, chi farà subito un viaggio? Se la domanda sarà in calo, com’è probabile, i problemi che le imprese dovranno affrontare saranno estremamente seri, le ipotesi fatte dal governo inadeguate, in particolare i prestiti che vengono fatti al sistema delle imprese: assolutamente troppo brevi”.

 

E se sul futuro si radunano le preoccupazioni, almeno per ora le piccole e medio imprese della città sembrano riuscire a tenere botta. Il 90 per cento delle pmi della città – riferisce un sondaggio su 500 aziende pubblicato ieri dalla Camera di Commercio – non rischierà di chiudere anche qualora venga prolungato il lock down. Ma il 10 per cento, e cioè oltre 40mila aziende, potrebbe non riuscire a continuare l’attività. “Sono principalmente le realtà più piccole del commercio – spiega il presidente della Camera di Commercio Lorenzo Tagliavanti – ma per questo anche quelle che rischiano di creare il maggior impatto sociale, perché rappresentano il reddito principale dei loro titolari”. Sempre dai numeri della Camera di Commercio emerge come il 71 per cento delle imprese sia pronto alla fase 2, pensa cioè di poter tornare alla normalità adottando le giuste misure di distanziamento sociale, ma nel 29 per cento dei casi non ne varrebbe la pena farlo perché la domanda sarebbe ancora troppo bassa. Si torna dunque sempre lì: la domanda. Quando ripartirà? Quanto peserà la paura del contagio sui desideri di consumo?

 

La risposta non c’è, ma la domanda è sufficiente per far dire a Tortoriello, come agli altri vertici delle associazioni di categoria che “La fase due dovrà essere accompagnata da una vera ‘potenza di fuoco’”. Riaprire il prima possibile, ma in sicurezza, ripetono praticamente tutti. “Con delle linee guida sanitarie per garantire le attività di produzione con una riorganizzazione logistica, l’Italia può ripartire”, dice Tagliavanti. “Bisogna far ripartire l’attività produttiva, nel rispetto massimo della salute di tutte le persone”, gli fa eco Tortoriello. “Molte filiere – spiega – sono a rischio perché una serie di paesi dove l’attività produttiva non si è fermata stanno cercando di sostituirsi alle nostre: ad esempio quella della ceramica per il tentativo di alcune aziende portoghesi di sostituirsi ai nostri produttori, e così in moltissimi settori”.

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