Foto di Aurelien Romain via Unsplash

Le filiere da sostenere

Pasquale Lucio Scandizzo e Giovanni Tria

Gli strumenti di mitigazione adottati sono ancora grossolani. Alle imprese serve altro: indebitarsi senza collassare

Siamo all’inizio di una crisi economica dai connotati nuovi in cui l’incertezza è profonda e i rischi sono in gran parte sconosciuti.

 

Abbiamo tutti paura di un collasso del mondo come lo conosciamo e delle versioni apocalittiche che abbiamo visto accennate in molte narrative distopiche sul futuro dell’umanità.

 

Si tratta della prima crisi ambientale nel senso più generale della parola, poiché il virus e la paura del contagio permeano l’ambiente fisico, economico e sociale con una pervasività sconosciuta per tutti gli altri pericoli che pure il mondo ha affrontato nel corso della sua lunga storia. Stare chiusi in casa appare una tattica efficace per non soccombere, ma non è chiaramente una strategia sostenibile, nemmeno per un periodo moderato di tempo. Utilizzando il vocabolario della lotta al riscaldamento globale, di cui forse il coronavirus è un epifenomeno emergente, o almeno una efficace metafora cognitiva, una strategia adeguata dovrebbe consistere di misure di mitigazione e di adattamento mutualmente compatibili e possibilmente sinergiche. Per il momento, gli strumenti di mitigazione adottati, pur se efficaci per un tempo molto limitato, sono una risposta immediata e grossolana alla minaccia del virus. Esse non sembrano sostenibili, e non appaiono nemmeno compatibili, nelle forme attuali, con le misure di adattamento che sole possono essere efficaci nel lungo termine.

 

Oltre all’adattamento sanitario che richiederà investimenti mirati e misure eccezionali di controllo e modifica dei nostri comportamenti sociali, l’adattamento dell’economia alla situazione di lungo termine appare un problema particolarmente difficile da affrontare per cui appare necessario immaginare e predisporre strumenti straordinari di politica economica. Questi strumenti vanno sviluppati mano a mano che la evoluzione della situazione presente prende forma economica più concreta e le incertezze profonde della crisi si risolvono, almeno in parte, con il passare del tempo. E’ però anche importante che i primi strumenti di intervento siano predisposti subito perché essi non solo siano efficaci nell’immediato, ma possano consentire di affinare e rafforzare la capacità delle imprese di reagire anche per il futuro. Poiché siamo in uno scenario senza precedenti, già prima del contagio, di grande liquidità e di bassi tassi di interesse, i nuovi strumenti di intervento dovranno prendere necessariamente la forma di interventi di politica fiscale.

 

Dalla crisi finanziaria precedente, infatti, abbiamo ereditato uno scenario mondiale di eccesso di liquidità e di limitato potere della espansione monetaria. Questa rimane tuttavia un canale importante di alimentazione della domanda aggregata perché a fronte di spazi fiscali ristretti per i governi nazionali, le banche centrali sono rimaste il presidio più flessibile e tempestivo di autorità politico-economica.

 

E’ evidente tuttavia che la crisi attuale, che deriva e minaccia di propagarsi anzitutto attraverso una caduta dell’offerta, che si traduce in una caduta della domanda in maniera simile ma in misura diversa lungo tutte le filiere produttive, ha bisogno di essere affrontata con strumenti di politica fiscale, ossia attraverso strumenti di spesa pubblica e di trasferimenti quali tasse e sussidi. Questi strumenti possono essere resi più efficaci, ma non possono essere sostituiti, da un credibile impegno delle autorità monetarie a mantenere alta liquidità e bassi tassi di interesse. Questo era già evidente prima della pandemia di fronte alla bassa crescita e a rallentamento dell’economia europea, quando la liquidità aveva difficoltà ad arrivare alle imprese per sostenere attività produttive ed investimenti. Oggi, nella nuova drammatica situazione, si rischia di confondere gli strumenti di politica fiscale con quelli monetari nella misura in cui ci si limita ad utilizzare risorse pubbliche per facilitare l’accesso al credito delle imprese, cioè l’accesso ad una liquidità abbondante creata dalle autorità monetarie ma che non trovava acquirenti. In tal modo si viene certo incontro ad esigenze immediate di liquidità che dipendono dall’interruzione dei normali flussi di entrate delle imprese bloccate dalle ordinanze di contrasto al contagio, ma ciò significa permettere alle imprese di indebitarsi.

 

Ma quel che serve sono oggi veri interventi di stimolo fiscale che nell’immediato devono prendere la forma di risarcimenti alle imprese danneggiate dai blocchi delle attività resi necessari nell’interesse collettivo, e nel medio-lungo termine concretizzarsi in interventi di sostegno all’economia con politiche di bilancio espansive e di supporto diretto agli investimenti. In altri termini, è anzitutto lo stato che deve accedere alla liquidità esistente presso le banche e le famiglie e ad indebitarsi nelle forme tecnicamente più vantaggiose.

 

L’efficacia dello stimolo fiscale necessario non dipende tuttavia dalle forme in cui esso viene finanziato, ma dalla capacità di intervenire immediatamente nel sostegno temporaneo alle imprese e dalla capacità di indirizzarsi con coraggio, tempestività e dimensioni adeguate verso obiettivi ambiziosi di mitigazione ed adattamento dell’economia. E’ necessario sostenere i flussi economici delle imprese stesse anche allo scopo di permettere loro di indebitarsi senza creare fragilità ulteriori per se stesse e per il sistema economico. Ciò significa che insieme con investimenti immediati nella filiera della sanità e della logistica della futura convivenza con il virus, gli strumenti di intervento più idonei in questo momento non possono che essere dei trasferimenti alle imprese che ne permettano la sopravvivenza e la ripartenza in tempi brevi, permettendo anche che esse utilizzino al meglio l’accesso al credito reso possibile dalla politica monetaria espansiva.

Di più su questi argomenti: