(Foto LaPresse)

Base Riformista alla ricerca di un anti Zinga per dimenticare Renzi

David Allegranti

La corrente degli ex renziani è molto critica verso l’ex leader, ma qualcuno non apprezza i toni e dribbla le polemiche

Roma. Ex renziani senza Renzi. Renziani ma non renzisti. La vita dentro Base Riformista è diventata più complicata con la scissione, fra l’obbligo di fedeltà alla “ditta” di Zingaretti, l’incazzatura per gli ex compagni di viaggio che se ne sono andati e i silenzi di chi, invece, non vuole fare il tiro al Renzi quotidiano. Dentro Base Riformista ci si divide in silenti e parlatori. I parlatori sono molto delusi dal senatore di Scandicci e lo esternano quotidianamente. Alessia Morani, sottosegretaria allo Sviluppo Economico, dice che Renzi deve avere un “maggiore senso di responsabilità”; il senatore Alessandro Alfieri dichiara che Renzi si deve ricordare “il gioco di squadra. Basta egoismi, sia generoso e responsabile. Basta con la schizofrenia di lavorare bene in Parlamento e poi disfare sui media quanto fatto”; la deputata Alessia Rotta twitta che “gli amici di Italia Viva sono ossessionati dal Pd. Suggerisco di godersi la Leopolda invece di colpire nemici sbagliati. Suggerisco di mostrare un minimo di rispetto per i milioni di elettori del Pd che li hanno eletti. Un po’ di attenzione in più per gli interessi del paese gioverebbe”; il deputato Emanuele Fiano dice, rivolto a Ettore Rosato e Maria Elena Boschi, molto critici con il Pd “partito delle tasse”, che “se dovete distruggere per esistere, il viaggio sul Titanic è appena cominciato”. Poi ci sono quelli che non parlano, i non parlatori, e lo fanno per scelta precisa. A richiesta di intervista del cronista, rispondono cortesemente di no: “Non voglio polemizzare con Renzi come fa la mia ‘corrente’”, dice una deputata di Base Riformista. E’ la linea di Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, che dentro BR definiscono “del dialogo”.

 

“Lorenzo invece è come sempre intelligente e felpato”, aggiunge la deputata. Laddove “Lorenzo” sta per Guerini, ministro della Difesa, abituato in condizioni normali a centellinare gli interventi ma ancora di più oggi che deve gestire il rapporto con tutti: dentro il Pd, dentro la sua corrente, di cui è titolare con Luca Lotti, con i Cinque stelle e poi, certo, con gli italovivaisti di Renzi. Guerini non vuole polemizzare con Renzi, anche se di recente il Fatto gli ha attribuito questa dichiarazione: “Quando in Cdm si è approvata la manovra, i tuoi dov’erano?”. E per tuoi s’intendono i membri dell’esecutivo in quota Renzi, come Teresa Bellanova. Epperò siamo all’arte del retroscena, che sui giornali ormai è diventato il modo con il quale i politici lanciano ballon d’essai o messaggi trasversali che in un’intervista non direbbero. Anche il senatore Salvatore Margiotta, sottosegretario, appartiene alla mozione dei “dialoganti” in stile Marcucci, così come il collega Dario Parrini. Per ora però dentro BR sembra prevalere la rottura di tutti i ponti “per impedire ulteriori passaggi di indecisi”, spiegano. Alcuni tra i più moderati sono quasi costretti a mostrarsi parecchio critici con Renzi. Magari per buonismo sono andati alla Leopolda e adesso il senatore di Scandicci per provare a incastrarli si è messo a dire che sarebbero passati con lui. Così accade per esempio con i consiglieri regionali (vedi in Toscana il caso di Antonio Mazzeo, già vicesegretario regionale del Pd) , che si trovano in una tenaglia, tra Renzi che cerca di annetterseli contro la loro volontà e la sinistra del partito che si augura che ciò avvenga.

 

Comunque, la strategia della durezza sembra essere un modo per preparare il futuro congresso, quando ci sarà. Non a caso i parlamentari di BR vicinissimi a Lotti – lo stesso Lotti che dopo Giorgio Gori sul Foglio ha chiesto il congresso straordinario del Pd – sono i più scatenati contro gli italovivaisti: “C’è chi – per un quarto d’ora di notorietà – sceglie la misera polemica con il Pd”, ha detto Enrico Borghi nei giorni della Leopolda. I “riformisti del Pd”, alias gli ex renziani, hanno però bisogno di nuovi leader: Lotti ha qualche problema giudiziario da risolvere, Guerini è sempre molto istituzionale. Serve un nuovo Renzi. Carlo Calenda? Da BR dicono “assolutamente no”, anzi ricordano che nelle chat è oggetto di ironie, lo accusano di essere ingestibile.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.