Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

Zingaretti blinda il Pd

David Allegranti

Il segretario lancia un’autoriforma molto attesa che indebolisce la leadership del partito

Roma. Nicola Zingaretti si prepara ad azzerare la segreteria del Pd. E’ uno degli effetti della scissione, ormai digerita. “Non credo che tra noi siano più corrette le locuzioni maggioranza e minoranza. Una nuova stagione deve aprirsi. Dobbiamo provare a rifondare il partito”, ha detto martedì Zingaretti alla direzione nazionale, aggiungendo che “dobbiamo superare gli attuali assetti e varare una nuova segreteria, mi auguro unitaria”. Da giorni il leader del Pd è al lavoro sui nomi per la nuova segreteria, con l’obiettivo di allargarla agli ex renziani rimasti nel Pd, a partire dalla corrente di Base Riformista di Lorenzo Guerini e Luca Lotti. Un segnale anche per chi, dopo l’addio di Renzi, è tentato di seguirlo a pochi giorni dalla nuova edizione della Leopolda. “Zingaretti sta decidendo, in settimana chiude” dicono dal Pd. “I promotori della scissione hanno annunciato una profezia falsa, l’inevitabile deriva a un partito da vecchia sinistra e non più contendibile. Anche se qualche elemento di verità c’era nella gestione immediata della vittoria”, dice al Foglio Stefano Ceccanti. “La loro speranza era poi che la deriva continuasse e che il segretario accettasse lo schema della divisione dei compiti tra centro e sinistra. Così la profezia falsa si sarebbe adempiuta. Invece il segretario si è spostato al centro, appoggiandosi all’ex-minoranza perché continua a perseguire lo schema del partito a vocazione maggioritaria”.

 

 

Anche così si possono leggere i passaggi del discorso di Zingaretti sulla legge elettorale: “Dovremo evitare un ritorno al proporzionale puro senza soglia o con una soglia bassa. Aumenterebbe i rischi della frammentazione del quadro politico e toglierebbe ai cittadini la scelta sul governo. Dobbiamo verificare la praticabilità di quale tipo di sistema maggioritario sia credibile realizzare nel Parlamento avviando un confronto”, ha detto il segretario del Pd. Una posizione simile era stata espressa dal senatore del Pd Dario Parrini (Base Riformista) proprio sul Foglio nei giorni scorsi: doppio turno nazionale di coalizione oppure un sistema proporzionale con soglia di sbarramento alta. Il segretario, personalmente, propende più per il doppio turno nazionale di coalizione.

 

 

Tenere tutto insieme (il governo con i Cinque stelle, le varie anime del Pd) potrebbe non essere semplice. Già l’elaborazione del nuovo statuto del Pd è stata laboriosa. Ma anche la nuova organizzazione è fatta, nelle intenzioni di chi l’ha prodotta, per far concorrenza agli alleati di Italia Viva, ex compagni di viaggio, e al M5s. La riforma del Pd, a firma Maurizio Martina, che presiede la commissione statuto, sarà votata a novembre in assemblea. Ma quale sono le proposte per riformare il Pd? Anzitutto, nasce la “piattaforma deliberativa online” del Pd. “Per chiedere di aderire, discutere, proporre, scegliere. Aperta a iscritti ed elettori”. La piattaforma Rousseau del M5s ha ormai fatto scuola, insomma.

 

 

Il nuovo statuto, che conferma le primarie per la scelta del segretario e supera “l’automatismo segretario/candidato premier”, introduce anche l’assemblea nazionale dei sindaci “con un coordinamento e un coordinatore componente della segreteria nazionale Pd”, mentre la nuova direzione nazionale dovrà essere per “metà indicata dai territori”, mentre la nuova Assemblea nazionale “per 2/3 eletta dalle primarie e per 1/3 composta da amministratori locali e rappresentanti dei territori. Segretari territoriali e regionali scelti dagli iscritti”. Via libera anche ai “circoli online e ai ‘punti Pd’ sui luoghi di lavoro e di studio”. Viene introdotta la possibilità del “congresso straordinario per tesi su proposta del segretario”. Nasce anche la “Fondazione costituente” per la formazione e la promozione di cultura politica. Questo dal punto di vista organizzativo. Poi c’è la questione dell’identità del Pd. Se il problema è non farsi schiacciare dal M5s serve, dice Gianni Cuperlo, “un’alternativa culturale, ben piantata nei conflitti aperti e non chiusa nei riti di un ceto politico. Un congresso diverso deve servire a questo. Non tanto a capire quanto e se sono cambiati i nostri nuovi alleati. Ma capire quanto siamo disposti a cambiare noi. Perché sarà la nostra identità a condizionare anche quella degli altri”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.