George Soros (foto LaPresse)

Il perfido Soros

Francesco Cundari

Si comincia con il complotto dei banchieri, si passa ai banchieri ebrei, si finisce con gli ebrei e basta. Antisemitismo, una nuova “normalità”

Se qualcuno oggi andasse in televisione a dire che è in atto un complotto internazionale, organizzato e finanziato da banchieri ebrei, per inquinare la purezza della nostra razza, è ragionevole pensare che sarebbero in molti a scandalizzarsi e a protestare – o almeno così vogliamo sperare – per quella che apparirebbe a tutti come una plateale manifestazione di antisemitismo. E tuttavia, da alcuni anni, ci siamo tranquillamente abituati al fatto che politici e giornalisti vadano in tv a parlare di un presunto piano di “sostituzione etnica” organizzato e finanziato da George Soros.

 

Ai tempi di Hitler si riciclavano i falsi creati dalla polizia zarista per alimentare l’odio contro gli ebrei, come i Protocolli evocati da Lannutti

Ai tempi di Hitler si riciclavano i falsi documenti creati dalla polizia zarista per alimentare l’odio contro gli ebrei, come quei Protocolli dei Savi di Sion recentemente riportati agli onori delle cronache dal senatore del Movimento 5 stelle Elio Lannutti, che dalla Russia si diffusero in Europa, di pari passo con i pogrom (non per niente un termine russo). Oggi, lungo la stessa rotta, si diffondono le fake news costruite dalla nuova polizia informatica russa o direttamente dai nostalgici del Terzo Reich, come il delirante Piano Kalergi, dal nome di un filosofo austriaco le cui idee sono state deformate negli anni Settanta da un estremista di destra, Gerd Honsik, condannato due volte come negazionista dell’Olocausto, che ci ha costruito sopra la bufala del grande piano di “sostituzione etnica” dei popoli europei. Un piano ordito, ovviamente, dalle élite. E rilanciato come oro colato dalla galassia dei blog e dei siti di area grillina, da pagine e gruppi facebook di sostenitori della Lega, nonché, nell’estate 2016, dalla “Gabbia”, la trasmissione del futuro senatore cinquestelle Gianluigi Paragone. In un servizio dedicato al fantomatico piano si arrivava persino ad additare Laura Boldrini come “agente” della cospirazione. Del resto, chiunque muova un dito o dica semplicemente una parola di compassione in favore degli immigrati può star certo di essere ricompensato allo stesso modo.

 

Sul Tempo, ad esempio, Alessandro Meluzzi ha scritto lo scorso luglio che tra i complici del complotto ci sarebbe addirittura Papa Francesco, il quale “anziché occuparsi del suo gregge e cercare di garantirne la stabilità nella vita e nella fede, sembra pensare di poter partecipare attivamente, anzi entusiasticamente, a quel piano, non si sa se voluto da George Soros o da chissà chi, per una sostituzione etnica che, approfittando di una certa debolezza demografica degli italiani, li vuole sostituire con una indifferenziata orda di afro-islamici”. Il meccanismo è talmente rodato che nell’ultima campagna elettorale è stato usato persino per regolare i conti all’interno della galassia populista, dove l’accusa di essere servi di Soros ha colpito lo stesso Movimento 5 stelle. “Ma guarda un po’! Chi ha scritto un pezzo del programma sugli immigrati del M5s? Gli emissari di George Soros, il finanziere che sostiene e finanzia in tutto il mondo l’immigrazione di massa e il disegno di sostituzione etnica in corso”, ha scritto sulle sue pagine social Giorgia Meloni, condividendo un link del Giornale, che a sua volta riprendeva un articolo di Francesca Totolo su Primato nazionale, giornale di CasaPound su cui l’autrice si era già fatta notare con pezzi come quello sullo smalto di Josefa, la migrante recuperata quasi assiderata dall’acqua (il fatto che in una foto si vedesse che la donna aveva le unghie laccate veniva utilizzato nell’articolo per mettere in dubbio l’intera storia; in realtà, come si è poi appurato, lo smalto le era stato messo dopo, una volta sulla nave, per cercare di tranquillizzarla).

 

La capitale della crociata contro Soros è naturalmente Budapest. Qui il governo di Viktor Orbán ha condotto contro i migranti e contro tutti coloro che li aiutano una campagna martellante, arrivando a far approvare una serie di leggi per rendere la vita impossibile alle organizzazioni non governative. Un pacchetto di norme dal significativo titolo: “Stop Soros”.

Non è difficile capire la ragione per cui, con tutti i miliardari che ci sono al mondo, al centro di ogni complotto debba esserci sempre lui. Prima che Soros nascesse, al suo posto c’erano i banchieri Rothschild, e senza dubbio dopo i Rothschild e dopo Soros ce ne saranno altri, a condizione che alla fama della loro ricchezza si accompagni un’altra e ben precisa caratteristica: essere ebrei. Perché c’è poco da fare, gratta gratta, dietro le solite, inafferrabili e non meglio definite élite, saltano fuori sempre gli ebrei.

 

La bufala del grande piano di “sostituzione etnica” dei popoli europei. Un piano che è stato ordito, ovviamente, dalle élite

Non c’è dunque da sorprendersi se pochi giorni fa il senatore Lannutti, dopo tante invettive contro banche e banchieri, il signoraggio bancario e tutto il classico repertorio del complottismo finanziario internazionale, ha rifatto il percorso all’indietro, è andato direttamente alla fonte, e ha rilanciato gli stessi Protocolli dei Savi di Sion. E’ una vecchia storia: si comincia sempre col complotto dei banchieri, poi si passa ai “banchieri ebrei”, e si finisce con gli ebrei e basta.

Una storia che purtroppo si sta ripetendo spesso in tutto il mondo. Mercoledì scorso i rappresentanti della destra populista di Alternative für Deutschland hanno lasciato l’aula del Parlamento della Baviera quando, durante la cerimonia in ricordo delle vittime della Shoah, ha preso la parola Charlotte Knobloch, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti e presidente della comunità ebraica (colpevole, ai loro occhi, di avere ricordato come diversi esponenti di Afd neghino o minimizzino l’Olocausto).

 

Nella Polonia illiberale dei populisti di Diritto e giustizia, dove è stato recentemente accoltellato in piazza il sindaco progressista di Danzica, una delle leggi più controverse riguarda proprio l’antisemitismo, e punisce con il carcere chiunque parli di complicità polacche con i crimini nazisti. Del resto – proprio come in Ungheria – antisemitismo, campagne contro i migranti e pulsioni autoritarie vanno di pari passo. In tutti i paesi del famigerato gruppo di Visegrad le campagne allarmistiche su inesistenti piani di invasione giustificano le politiche repressive, fornendo il pretesto per epurazioni, attacchi alla stampa di opposizione e riforme dell’ordinamento volte ad attribuire al potere esecutivo la facoltà di allontanare i giudici sgraditi e nominarne di più affini.

 

Nell’America di Donald Trump, meno di due anni fa, migliaia di neonazisti hanno manifestato in Virginia, a Charlottesville, con tanto di svastiche, cantando slogan che andavano da “Blood and soil” (“Sangue e suolo”, traduzione letterale del classico “Blut und Boden” della propaganda hitleriana) a “You will not replace us” (“Non ci sostituirete”). Di quest’ultimo coro, a conferma di quale sia l’origine e il vero significato di tali contorte teorie intorno alla “sostituzione etnica”, i dimostranti intonavano spesso anche una significativa variante: “Jews will not replace us” (“Gli ebrei non ci sostituiranno”). E certo non meno significativo è il fatto che quando uno dei suddetti “suprematisti bianchi” ha preso una macchina e si è lanciato sulla contro-manifestazione antifascista, uccidendo una dimostrante, Donald Trump ha dichiarato che bisognava condannare tutte le violenze, ma c’erano ragioni e torti “da entrambe le parti”. Dalla parte che sventolava la svastica e gridava slogan contro gli ebrei come dalla parte di chi sventolava bandiere della pace e gridava slogan contro il nazismo. Ma forse ancora più surreale era la sua affermazione che da entrambe le parti ci fossero tante “brave persone”. Per tirare fuori dalle labbra del presidente degli Stati Uniti un’esplicita condanna dei neonazisti ci sono voluti giorni interi di proteste e indignazione da parte di giornalisti e politici, compresi molti repubblicani.

 

Il caso Lannutti non è dunque un fenomeno isolato. Come del resto tutt’altro che isolato è lo stesso Lannutti, tantomeno nei cinquestelle, dove se l’è cavata dichiarando che “condividere un link non significa condividerne i contenuti” e ricevendo

Polemiche sulle manifestazioni di antisemitismo sono emerse più volte attorno al Movimento 5 stelle, e prima attorno a Grillo

come sconfessione, da Luigi Di Maio, appena un asciuttissimo “prendo le distanze, e con me tutto il Movimento, dalle considerazioni del senatore Elio Lannutti”. Non proprio quel che si definirebbe una scenata. Ma soprattutto, come ha raccontato sul Foglio Luciano Capone, il giorno dopo il tweet sui protocolli da cui tutto il Movimento, a sentire Di Maio, avrebbe preso le distanze, alla presentazione del libro di Lannutti al Senato erano presenti e sorridenti, tra gli altri, il sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa, il presidente della commissione Bilancio, Daniele Pesco, e la presidente della commissione Finanze, Carla Ruocco (“Elio è immenso”). D’altra parte, sono anni che Lannutti batte sempre sugli stessi tasti. Anche lui, ovviamente, ce l’ha con Soros. “Un criminale speculatore che si sente un Dio, perché adorato dai traditori dell’Italia, che gli lustrano le scarpe”, twitta il 20 gennaio, rilanciando un’intervista palesemente falsa, dal titolo “Io sono un dio, ho creato tutto, controllo tutto”. Per non parlare di Papa Francesco. “Il suggeritore di Bergoglio sui migranti è un Bilderberg di Goldman Sachs”, twitta il 28 giugno 2018. Figuriamoci il presidente della Bce. “Draghi-Goldman Sachs, setta degli Illuminati che decide sui destini del mondo”, twitta il 6 febbraio 2016.

 

Soros, Bilderberg, la setta degli Illuminati: non c’è teoria della cospirazione che non trovi spazio nella vasta costellazione di siti, blog e social network di area populista, che Lannutti, come buona parte dei suoi compagni di partito e alleati di governo, rilancia e rituitta quotidianamente. Il suo errore, insomma, sembra essere stato semplicemente quello di esplicitare, involontariamente, ciò che fino a quel momento era rimasto nel campo dell’allusione e dell’ammiccamento, aggiungendo alla consueta sfilza di teorie del complotto un classico della propaganda nazista come i Protocolli dei Savi di Sion, il cui carattere antisemita è storicamente innegabile.

Così, alle proteste dell’opposizione e alla richiesta di espellerlo da parte di Enrico Mentana (e in effetti, dopo la cacciata di parlamentari colpevoli di aver votato in dissenso sui condoni, non parrebbe richiesta eccessiva), si è sommata la protesta più dura, quella della Comunità ebraica, che ha annunciato una formale denuncia per istigazione all’odio razziale a carico di Lannutti.

 

D’altronde, le polemiche sulle manifestazioni di antisemitismo sono emerse più volte attorno al Movimento 5 stelle, e prima ancora attorno al suo fondatore e garante Beppe Grillo. Dagli insulti a Rita Levi Montalcini all’incredibile intervista in cui difendeva il leader iraniano Ahmadinejad e spiegava così le sue parole sulla necessità di distruggere Israele: “Non penso lo voglia davvero: lo dice e basta. Del resto, anche quando uscivano i discorsi di Bin Laden, mio suocero iraniano m’ha spiegato che le traduzioni non erano esatte”. Perché, vuoi o non vuoi, si torna sempre lì, sono gli ebrei che controllano il mondo: “Tutto quel che in Europa sappiamo su Israele e Palestina è filtrato da un’agenzia internazionale che si chiama Memri. E dietro Memri c’è un agente del Mossad…”. Il caso più increscioso si verifica quello stesso anno, quando il blog di Grillo pensa bene di aprire la campagna elettorale con un post sormontato da un fotomontaggio dell’ingresso di Auschwitz (il cartello in questo caso diceva: “P2 macht frei”), e storpiando una poesia di Primo Levi, per attaccare Berlusconi, Renzi e Napolitano.

 

“Un criminale speculatore che si sente un Dio, perché adorato dai traditori dell’Italia, che gli lustrano le scarpe” (Soros secondo Lannutti)

Il caso Lannutti è dunque solo l’ultimo e il più clamoroso episodio di una lunga serie, che illumina retrospettivamente anche i precedenti. Ma soprattutto illumina ciò che lo circonda, un contesto, una nuova “normalità”. Un mondo in cui si è ormai affermato un linguaggio, un repertorio di formule e di slogan, di riferimenti espliciti e velate allusioni che tendono a divulgare, banalizzare e legittimare tutti i più classici stilemi dell’antisemitismo. Una banalizzazione che incontra pochissimi ostacoli e suscita reazioni sempre più deboli. Come ha ricordato il presidente della Repubblica, l’antisemitismo è un male che “alberga nascosto, come un virus micidiale, nei bassifondi della società, nelle pieghe occulte di ideologie, nel buio accecante degli stereotipi e dei pregiudizi. Pronto a risvegliarsi, a colpire, a contagiare, a distruggere, appena se ne ripresentino le condizioni”.

Ogni giorno in cui politici e giornalisti di primo piano possono diffondere e legittimare deliranti teorie di chiarissima matrice razzista è un passo in più che facciamo lungo la strada che porta dalle parole ai fatti. Perché ciò che è dicibile, prima o poi, diventa anche fattibile.

Di più su questi argomenti: