Luigi Di Maio e Matteo Salvini (foto LaPresse)

Di Salvini in Di Maio

Adriano Sofri

Il leader della Lega dice che il capo politico del M5s è un "piccolo uomo". Proprio lui che, piccolissimo, quando era al governo parlava come se i pieni poteri li avesse già, contro i naufraghi inermi, bambini e donne compresi

Ho letto e apprezzato l’analisi di Luca Gambardella sopra il modo in cui le bravate di Salvini sui porti chiusi e i corrispondenti decreti sicurezza si sono via via infranti contro “lo Stato di diritto”: una successione di pronunciamenti giudiziari che ne hanno sanzionato la contraddizione con le leggi internazionali e nazionali. Resta da chiederci se le cose sarebbero andate allo stesso modo nel caso che l’alleanza di governo fra Lega e 5 stelle fosse durata – è vero comunque che molte delle iniziative della magistratura furono prese quando quell’alleanza era vigente. Vorrei allegare anch’io l’impressione penosa sul cambiamento della posizione di Di Maio e dietro di lui dei mortificati parlamentari 5 stelle. Fra il caso della Diciotti e quello della Gregoretti c’è una differenza “enorme”, ha detto. Peggio, ha detto che con la Diciotti si trattava di forzare l’Europa ad accettare la redistribuzione dei migranti: cioè si usavano i naufraghi come ostaggi buoni per un ricatto. Enorme davvero è la differenza nel comportamento dei 5 stelle. Salvini ha definito Di Maio “piccolo uomo”: ne avrebbe il diritto se non avesse maramaldeggiato ignobilmente, quando, piccolissimo, parlava come se i pieni poteri li avesse già, contro i naufraghi inermi, bambini e donne compresi. Ma leale, e cavalleresco (se le donne permettano di usare ancora, alla memoria, questo aggettivo fuori tempo) sarebbe stato caso mai il comportamento contrario: votare per l’autorizzazione a procedere dell’alleato, e padrone, nel governo, e votare contro quando l’alleato fosse diventato il capo dell’opposizione. Già, gran bontà de’ cavallieri antiqui!

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