“Gli ultimi giorni dell'umanità”, formidabile capostipite di “Blob”

Adriano Sofri

Enrico Ghezzi e il grandioso zibaldone di Kraus

L’altro giorno, dopo aver cercato invano almeno una delle copie de “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus acquattate nella mia casa, ne ho comprata un’altra, al prezzo di 14 euro e 25. Mi sono ricordato di un pensiero d’infanzia, età della ragione: che i libri avessero un prezzo proporzionato alla qualità e al volume. Da grandi non ci pensiamo più, ma che la “Divina Commedia” costi come “Le memorie” di Carmine Parpagliolo, se non meno, è piuttosto insensato. Se le cose fossero andate come dovevano, “Gli ultimi giorni dell’umanità” costerebbe almeno quanto la piramide di Chefren. Ho guardato una parte del programma dedicato ai quarant’anni di Rai 3, domenica sera, molto istruttivo per me che a lungo ho vissuto in modi e luoghi che non prendevano Rai 3. Ho un’ammirazione speciale per “Blob”, il cui montaggio ha anticipato lo svolgimento grottesco della vita pubblica e privata. Una volta ero combattuto, alle ore 20, fra il telegiornale e “Blob”, poi non più. Il telegiornale essendo subito un “Blob” che non lo sa, meglio guardare il Blob sapiens. “Gli ultimi giorni dell’umanità”, il grandioso zibaldone di Kraus, è il formidabile capostipite di “Blob”; non ci avevo pensato fino a ieri, quando ho avuto voglia di salutare Enrico Ghezzi e ho cercato qualche ultima notizia su di lui, e ho trovato – voi certo lo sapevate – che sta completando un suo grandioso (non) film intitolato, almeno provvisoriamente, “Gli ultimi giorni dell’umanità”, e tutto mi è stato chiaro. I miei saluti a Enrico Ghezzi.