(foto LaPresse)

L'isolamento produttivo funziona. Storia di un imprenditore milanese in Cina

Mariarosaria Marchesano

Alba Chiara è nata da un gruppo di sette aziende storiche del comasco. "Per noi è stata una mazzata fermare la produzione, ma per superare il coronavirus servono misure drastiche" ci dice l'imprenditore Giulio Balossi Restelli

Milano. Giulio Balossi Restelli, manager e imprenditore milanese, vive in Cina da 10 anni, da quando, per reagire alla crisi del 2008 che stava affossando l’industria tessile lombarda, un gruppo di sette aziende storiche della zona del comasco si sono affidate a lui per sbarcare sul mercato asiatico. Così è nata Alba Chiara – nome ispirato alla canzone di Vasco Rossi – azienda che stampa tessuti con sede a Jiaxing, a 100 chilometri da Shanghai, nella regione Zhe Yimang, la quarta della Cina più colpita dal coronavirus. “Abbiamo riaperto la fabbrica il 18 febbraio dopo 15 giorni di chiusura totale che è seguita al periodo festivo del capodanno cinese – racconta al Foglio Balossi in una telefonata che è anche uno sfogo perché si sente tutta la tensione accumulata nelle ultime settimane – sono molto preoccupato per la situazione in Italia e vorrei dire una cosa: il coronavirus si può superare proprio grazie alle misure drastiche. Anche per noi è stata una mazzata fermare la produzione per tanto tempo, soprattutto perché siamo un’azienda relativamente giovane in quest’area e abbiamo sudato per affermarci, ma alla fine abbiamo riacceso le macchine e siamo ripartiti grazie anche all’osservanza scrupolosa delle regole. Ora siamo sotto pressione perché abbiamo tanti ordini da smaltire, ma meglio così”.

 

Le severe restrizioni adottate dal governo Conte prima per Lombardia e buona parte del nord e poi per l’intera Italia, hanno provocato la ribellione di molte associazioni di imprese e commercianti, che hanno chiesto di ammorbidire i provvedimenti o quanto meno di razionalizzarli per evitare la paralisi completa del mondo produttivo. Poi, man mano che l’emergenza è cresciuta, dai vertici associativi sono arrivate offerte di collaborazione con le istituzioni, anche se proprio ieri Confindustria Lombardia presieduta da Marco Bonometti, contrariamente alla posizione assunta dal governatore della Regione, Attilio Fontana, che ha chiesto al governo di chiudere tutto, ha ribadito che è indispensabile tenere aperte le aziende, dando continuità alle attività produttive e alla libera circolazione di merci.

 

Ma sarà sufficiente per fermare la diffusione del virus? “Mi rendo conto che è una situazione completamente nuova a cui gli italiani non sono abituati e io stesso, che a fine gennaio, quando è scoppiata l’emergenza in Cina, mi trovavo in Italia, non riuscivo a capacitarmi. Oggi, però, dico che solo sottoponendosi all'isolamento e rispettando le regole se ne può uscire”, prosegue Balossi, che racconta com’è avvenuto il graduale rientro al lavoro nella sua impresa e un po' in tutte quelle dell’area in cui ha sede Alba Chiara con i suoi 50 dipendenti. “Siamo ripartiti con la metà della manodopera rappresentata soprattutto da persone del posto, poi piano piano sono rientrati tutti quelli che si trovavano in altre regioni o città di origine della Cina perché erano andati a trascorrere il capodanno con i propri cari. Il ritorno in fabbrica è avvenuto in modo disciplinato e graduale, sotto una stretta sorveglianza: i nostri uffici hanno dovuto produrre tanti documenti per dimostrare il percorso fatto da ciascun addetto nel periodo di assenza, il suo stato di salute e dei suoi familiari e molti hanno dovuto rilasciare dichiarazioni giurate. Ho visto molte imprese dell’area mandare pullman speciali per facilitare il rientro di dipendenti che si trovavano bloccati in altri distretti”. Da imprenditore, Balossi sembra quasi grato per aver potuto rimettere in pista la sua azienda, che esporta tessuti in tutto il mondo, pur ammettendo di essere provato da un periodo molto difficile, ha maturato l’idea che la scelta di bloccare le fabbriche è stata giusta. “Qui si è fermato proprio tutto, hanno chiuso scuole, ristoranti e negozi e tutti sono rimasti tappati in casa con una sola persona delegata a fare la spesa e a svolgere commissioni urgenti. E ancora oggi la via sociale non è ripresa, le scuole, per esempio, resteranno chiuse fino a metà marzo. E’ stato strano vedere una regione così vivace come quella di Zhe Yimang completamente ferma e deserta. Ma è stato fondamentale”. La Cina sta tornando gradualmente alla normalità con un numero di contagi e decessi al minimo storico, ma non abbassa la guardia. “Restiamo estremamente vigili, ogni giorno misuriamo la febbre all’ingresso ai nostri dipendenti e vengono osservate norme igienico sanitarie e di distanze di sicurezza molto rigorose. Sono queste le condizioni in cui lavoriamo oggi e per fortuna dico. Da quest’esperienza ho imparato che in situazioni di emergenza bisogna cercare un equilibrio tra sicurezza sanitaria e danno economico. In Italia questa consapevolezza sta nascendo solo adesso e spero riesca a trovare il suo punto di equilibrio considerando condizioni storiche, politiche e culturali completamente diverse dalla Cina”.