Chi sono i tre candidati alle presidenziali russe, oltre a Vladimir Putin

Priscilla Ruggiero

Nikolai Kharitonov, Leonid Slutsky, Vladislav Davankov. I russi sanno che il voto sancirà la riconferma del capo del Cremlino, che ha selezionato personalmente i suoi avversari elettorali, come fa da anni. Gli esclusi Nadezhdin e Duntsova

Oggi si sono aperti i seggi in Russia per le elezioni presidenziali, chiuderanno domenica 17 marzo in un voto che abbraccia gli 11 fusi orari del paese, dalle regioni dell’estremo oriente vicino all’Alaska, all’exclave occidentale di Kaliningrad, sulla costa baltica. L'esito del voto è scontato, tutti sanno che il presidente russo verrà riconfermato per il terzo mandato consecutivo, il quinto in tutto.   Vladimir Putin ha selezionato personalmente i suoi avversari elettorali, quelli che potevano risultare più "credibili" per gli elettori sono stati eliminati, sia fisicamente, come l'oppositore morto il 16 febbraio scorso in una colonia penale siberiana, Alexei Navalny, sia dalle candidature, come Boris Nadezhdin: per lui  i russi si erano messi in fila per raccogliere le firme che servivano per farlo partecipare alle presidenziali.

 

Nikolai Kharitonov

75 anni, siberiano, Kharitonov è dal 1993 membro della Duma, la camera bassa del Parlamento russo,  ed è il candidato ufficiale del Partito Comunista,  i cui candidati sono arrivati ​​secondi   a Putin in ogni elezione dal 2000.  Nel 2004 Kharitonov raggiunse il 13,7 per cento dei voti contro contro il 71,91 per cento di Vladimir Putin. Secondo un sondaggio statale di metà febbraio,  circa il 4 per cento dei russi sarebbe pronto a votare per lui. Kharitonov non ha nulla da ridire sul Cremlino – non ha mai citato Putin per nome – ha detto alla Tass, l'agenzia di stampa statale: "E' responsabile del proprio ciclo di lavoro, perché dovrei criticarlo?". Sostiene "l'operazione militare speciale" della Russia in Ucraina, così come la chiama il Cremlino. L'unica macchia, agli occhi del presidente russo, è l'essersi opposto   in passato   ad alcune delle politiche interne del partito al potere pro Putin, Russia Unita, e di aver criticato la "svolta capitalista della Russia"  negli incontri con gli elettori. Tra le sue proposte c'è quella di ripristinare il nome sovietico di Volgograd, Stalingrado. Kharitonov è stato anche sottoposto a sanzioni da parte di Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito dopo l’inizio dell’invasione su vasta scala dell'Ucraina.

 

Leonid Slutsky

Membro della Duma dal 1999, Leonid Slutsky ha 56 anni  ed è il leader del partito ultranazionalista Liberal Democratico Russo (Ldpr): ha assunto la carica dopo la morte di Vladimir Zhirinovsky nel 2022 per Covid (lo slogan della sua campagna elettorale è "Zhirinovsky continua a vivere"). E' presidente della Commissione Affari internazionali del Parlamento, in cui sostiene attivamente la politica estera aggressiva di Putin, compresa l'invasione dell'Ucraina. E' spesso protagonista della televisione di stato, esprime le sue idee in linea con quelle del presidente contro l'occidente e anche su di lui ricorre un numero dalle previsioni di alcuni sondaggi statali: 4 per cento.  Nel 2014 è stato  sanzionato dall’occidente  per il suo sostegno all’annessione della Crimea. Nel 2018 è stato accusato di molestie sessuali da alcune giornaliste russe guadagnandosi il soprannome di  “Harvey Weinstein russo”, poi una commissione parlamentare lo ha scagionato.   Una delle indagini anti corruzione dell'oppositore  Alexei Navalny ha rivelato che Slutsky possedeva auto di lusso che costavano molto più del suo reddito ufficiale,  e che tra giugno 2017 e marzo 2018, la sua Mercedes-Maybach S500   ha violato le regole del traffico 825 volte.

 

 

Vladislav Davankov

Davankov è il candidato più giovane, ha quarant'anni, cinque anni sopra l'età minima per candidarsi alla presidenza, è un ex uomo di affari e vicepresidente della Duma dal 2021. Leader del partito Nuovo Popolo –  nato nel 2020 dall’imprenditore Alexei Nechayev, proprietario di un’azienda di cosmetici molto vicino a Putin –  secondo parte dell'opposizione sarebbe il  candidato alternativo dopo che  Boris Nadezhdin ed Ekaterina Duntsova sono stati esclusi dal ballottaggio: "La gente vuole vivere in un paese pacifico", ha detto. Ha affermato di sostenere "la pace e i negoziati" con l'Ucraina, la "libertà di stampa" e la normalizzazione delle relazioni della Russia con i paesi occidentali, oltre a chiedere fermare la “persecuzione dei dissidenti” e fermare la “censura ideologica”. Nonostante si sia candidato lui stesso alla presidenza, Davankov ha appoggiato la candidatura di Nadezhdin, sostenendo la “competizione politica”. Ma oltre a Nadezhdin, escluso dalla rosa dei candidati, non ha mai menzionato né criticato nessuno, soprattutto il presidente, Vladimir Putin, e non ha mai fatto il nome dell'Ucraina.  Rispetto agli altri due candidati, in alcuni sondaggi è risultato in testa, dopo Putin: potrebbe raggiungere il 5 per cento dei voti.

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