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in russia

Le prigioni di Putin hanno ucciso Alexei Navalny

Micol Flammini

Il servizio penitenziario russo ha annunciato la morte dell'oppositore. E' dal 2020 che il Cremlino cerca di farlo sparire dalla memoria dei russi, aveva capito che non sui valori o sulla democrazia sarebbe potuta partire una ribellione al putinismo, ma sulla corruzione del presidente

Kyiv, dalla nostra inviata. Il servizio penitenziario russo ha annunciato la morte di Alexei Navalny, il volto più noto dell’opposizione russa negli ultimi anni, in prigione da quando aveva osato tornare in Russia dopo un ricovero in Germania. Nel 2020 Navalny era stato avvelenato, soltanto la pressione internazionale convinse le autorità russe a permettere il suo trasferimento in una clinica di Berlino, dove le analisi confermarono che all'oppositore era stata somministrata una dose di Novichok, il nervino che gli uomini dei servizi segreti russi hanno utilizzato contro dissidenti, attivisti, ex spie. Navalny era tornato sapendo bene che Mosca lo avrebbe atteso con un mandato di arresto in aeroporto. Ma per le strade di Mosca non c’era soltanto la polizia, c’erano anche alcuni manifestanti. Per evitare che l’oppositore fosse accolto da un bagno di folla, le autorità di Mosca ordinarono di dirottare il volo dall’aeroporto di Vnukovo, dove erano state organizzate le manifestazioni per accoglierlo, a quello di Sheremetovo dove ad aspettarlo c’era soltanto la polizia. Da quel momento, l’oppositore non è più uscito dal carcere: processo dopo processo lui e i suoi collaboratori hanno visto la condanna allungarsi, Navalny doveva rimanere in prigione per diventare invisibile

 

La famiglia e i collaboratori non hanno ancora confermato nulla, il suo avvocato ha parlato con Novaya Gazeta: l'ultima volta lo aveva visto due giorni fa e le sue condizioni erano buone. Secondo il comunicato della polizia penitenziaria si sarebbe sentito male durante la giornata, durante una passeggiata. A dicembre, Navalny era scomparso, le autorità lo avevano spostato senza comunicare nulla alla sua famiglia né al suo legale e lo avevano mandato nella colonia penale numero 3 di Jamalo Nenec, all’estremo nord, e come nei suoi altri luoghi di detenzione, faceva avanti e indietro dalla cella di isolamento. Per Vladimir Putin, Navalny è l'innominabile, si è sempre rifiutato di pronunciare il suo nome in pubblico, ha sempre voluto che sparisse dalla memoria dei russi perché aveva scoperto che se non sui valori o sulla democrazia, i cittadini si sarebbero potuti stancare e ribellare al putinismo partendo da un dato molto concreto: la corruzione del presidente russo e dei suoi fedelissimi e imprescindibili collaboratori.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.