le elezioni in russia

La lotta di Putin contro l'affluenza bassa

Micol Flammini

Il 17 marzo il Cremlino vuole più di una vittoria, vuole un’incoronazione e cerca metodi per contrastare la poca voglia dei russi di votare. Punta sul voto elettronico

Le file per sommergere la tomba di Alexei Navalny di fiori e messaggi vanno avanti in una Russia che senza troppa attesa va verso un voto che sarà una riconferma. Il presidente russo, Vladimir Putin, ha cambiato la Costituzione per poter essere eletto presidente per il terzo mandato consecutivo, il quinto in tutto. Vuole un risultato storico, una cifra alta che abbia il suono di una proclamazione e non di un’elezione. Vuole una percentuale che copra questi giorni di lutto, che spazzi via i fiori dalla tomba di Navalny. Da tempo i russi hanno smesso di credere nelle elezioni, smisero di avere fede nel 2008 quando Dmitri Medvedev – che oggi ruggisce davanti alle cartine geografiche per dire che l’Ucraina è tutta russa – divenne il volto mite della politica russa. Persero ogni speranza quando Putin tornò al Cremlino nel 2012. 


Questa volta la voglia di votare è ancora più debole, non c’è interesse, non c’è illusione, e anche questo a Putin non va bene, perché vuole  che la percentuale sia alta anche per l’affluenza: punta all’80 per cento.  La catena che si mette in atto per movimentare l’elettorato in Russia di solito fa leva sui dipendenti statali, che sono anche quelli che vengono mandati a presenziare agli eventi pubblici del presidente, agli stadi, durante i comizi. Si fa conto che ognuno non soltanto dimostri la sua fedeltà nelle urne e andando a votare, ma porti con sé familiari e amici: deve essere un movimento, non soltanto un voto. Si fa conto anche sul voto elettronico che in Russia è diventato sempre più frequente e anche nel 2020, quando ai russi venne chiesto di andare a votare per il referendum sui cambiamenti alla Costituzione russa nonostante la pandemia, venne fatta una campagna per il sistema elettronico, il deg. Anche questa volta la promozione non manca, vengono distribuiti volantini con l’invito a iscriversi online, molti hanno sopra una lettera V, una delle lettere simbolo dell’invasione che prima ancora, durante la pandemia, aveva accompagnato il nome del vaccino che era stato chiamato Sputnik V, dove V stava per Victory. Saranno ventinove le regioni che utilizzeranno il deg, la pressione sui dipendenti statali sarà per votare e per garantire almeno il voto di altre tre persone e il deg aiuta le autorità a ottenere più affluenza. I russi hanno spesso visto il voto elettronico come uno strumento nelle mani del presidente, non è mai piaciuto. 


La Russia è parsa rassegnata, addormentata o complice delle colpe del suo presidente, pochi credono che cambierà, pochi ritengono che le file al funerale di Navalny diventeranno l’inizio di una pressione sul potere. Quello che accade in Russia, va letto da lontano: secondo il sito Proekt il numero dei condannati per reati politici durante l’ultimo mandato di Putin ha superato i livelli sovietici dei tempi di Nikita Kruscev e di Leonid Breznev. Negli ultimi sei anni, la repressione ha coinvolto 116.000 persone, più di diecimila sono state processate per reati penali, più di 50.000 sono state accusate per le loro parole. Tradimento, spionaggio, collaborazione con società o nazioni straniere sono i capi di accusa più frequenti e non è iniziato tutto dopo l’attacco contro  l’Ucraina, ma prima. Non sarà l’affluenza bassa a cambiare la situazione: anche perché il voto elettronico è stato pensato come paracadute affinché ogni voto sembri un successo nonostante il dissenso. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.