elezione illegittima

Il Cremlino forza gli ucraini a votare per Putin

Micol Flammini

Mosca va casa per casa con il fucile in mano per costringere gli abitanti nei territori occupati a dare il loro voto. La propaganda ha un ritornello: Zelensky non organizza le elezioni, Putin sì

Evdokia Vikhrova ha novantadue anni, è una veterana della Seconda guerra mondiale, vive a Severodonetsk, la città ucraina occupata da Mosca. Quando Vladimir Putin ha dato l’ordine di invadere tutta l’Ucraina e l’esercito russo ha iniziato ad avanzare a est, non tutti i cittadini sono potuti scappare. Qualcuno è rimasto per decisione, qualcuno per rassegnazione, qualcuno per mancanza di mezzi e possibilità. Su una popolazione di centomila persone, millecinquecento sono morte, la battaglia di Severodonetsk è durata quattro mesi, e oggi la città è un buco nero isolato dal mondo, escono notizie con difficoltà, con rari messaggi chi è dentro riesce a raccontare cosa accade, e farlo è pericoloso. Evdokia è rimasta, vive da sempre a  Severodonetsk e in questi giorni ha ricevuto la visita di un militare con un fucile in braccio, il volto coperto e appuntata sul petto la bandiera russa con la Z.  Assieme al soldato c’era una donna che  reggeva una busta piena di schede elettorali, perché anche a Severodonetsk, che è Ucraina, la commissione elettorale russa ha organizzato le elezioni per il quinto mandato di Vladimir Putin. “Come vi chiamate?”, ha domandato la donna che sul cappotto ha appuntata una V con i colori della bandiera russa. La signora novantaduenne dice il suo nome. “Bene, Evdokia – la esorta la donna – siamo venuti per farla votare, fate con calma”. Evdokia, con il fazzoletto in testa e il bastone in mano, si siede, prende i fogli, legge e vota. 


I seggi in Russia aprono oggi e si chiudono domenica, per combattere contro l’affluenza il Cremlino ha fatto in modo che si votasse per tre giorni, ma nei territori occupati tutto è iniziato ancora prima, con un porta a porta in cui funzionari incaricati dalla Commissione elettorale si muovono casa per casa con i militari russi al seguito per forzare le persone a votare. L’elezione finta è un altro strumento di repressione. Lo slogan ufficiale è “Insieme siamo più forti – votiamo per la Russia”, circola sui volantini, sui manifesti, viene ripetuto in televisione. Non c’è bisogno di mettere il volto di Putin, l’unico avversario del capo del Cremlino è l’affluenza, per cui si esorta soltanto ad andare a votare. Il voto è stato organizzato   ovunque, nei territori occupati di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia, Kherson, in Crimea. L’elezione è stata organizzata anche nelle città appena distrutte e occupate, come Avdiivka, dove degli edifici rimane poco, quasi nessuna infrastruttura è funzionante, ma secondo i dati raccolti dall’associazione Opora, sono stati organizzati dei seggi nei “centri di detenzione temporanea”. Gli ucraini sono costretti a votare per un’elezione farsa che verrà usata per legittimare la presenza della Russia nel territorio. 


A Mosca, ormai da anni, il voto è un evento a premi. Per invogliare le persone a votare si organizzano concerti, lotterie, eventi. In Ucraina si usa invece come primo metodo la coercizione con una popolazione che vuole essere lasciata in pace: sotto occupazione ogni elezioni è illegittima, far votare con il fucile di un soldato puntato è un crimine. Gli ucraini avrebbero volentieri ignorato l’elezione, ma non possono.


Il Cremlino vuole usare il voto per rafforzare la sua presenza nei territori occupati, ma Putin vuole anche dimostrare di essere più legittimo di Volodymyr Zelensky. La Russia ha dichiarato la legge marziale nelle oblast invase e anche in Ucraina vige la legge marziale che impone il coprifuoco e prevede che non si tengano elezioni. E’ qui che la propaganda si fa più subdola e vuole sottolineare che mentre Kyiv non organizza le sue presidenziali, che pure in tempo di pace si sarebbero dovute tenere quest’anno, i russi vanno casa per casa per permettere a tutti  di votare. Mentre Kyiv ha un presidente non rieletto, Mosca ha appena scelto Vladimir Putin. Se Kyiv dice che un’elezione adesso non sarebbe rappresentativa del paese tra rifugiati, sfollati, soldati al fronte e la paura che i seggi potrebbero diventare bersagli dei missili di Putin, Mosca mostra di mandare le “commissioni di visita”, insignite dalla commissione elettorale, fino alle trincee per raccogliere i voti dei soldati e casa per casa per non esporre le persone al rischio di un bombardamento: difficile che Kyiv prenderebbe di mira i suoi cittadini sotto occupazione, ma così il Cremlino può risparmiarsi le immagini di seggi vuoti. Nelle regioni occupate, che in Russia vengono chiamate “nuovi soggetti territoriali della Federazione russa”, secondo le cifre fornite dalla commissione elettorale sono registrati circa sei milioni di elettori. E’ un dato che appare gonfiato, non si sa con esattezza quante persone siano rimaste e quante siano vive, sono zone depresse, città fantasma in mezzo alle rovine. Anche a Mariupol si voterà e il numero esatto della popolazione  della città non si conosce: a luglio dello scorso anno, Mosca parlava di quasi trecentomila cittadini, chi vive lì ritiene che  siano  la metà, ma tra militari, russi trasferiti e lavoratori dell’Asia centrale, la città può sembrare più popolata.  

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.