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Il regista di "20 giorni a Mariupol" agli Oscar: "Vorrei non aver mai fatto questo film"

Redazione

L'Academy ha premiato come miglior documentario il racconto dei tre giornalisti dell'Associated Press nella città assediata. Guardare il film a due anni da quando è stato girato è necessario per non dimenticare la brutalità e gli orrori russi in Ucraina

Mstyslav Chernov, regista del film che ha vinto l’Oscar per il miglior documentario, “20 giorni a Mariupol”, nel suo discorso di ringraziamento ha detto: “Questo è il primo Oscar nella storia dell’Ucraina, e ne sono onorato. Ma probabilmente sarò il primo regista su questo palco a dire: ‘Vorrei non aver mai fatto questo film’”.

Il documentario è il racconto degli unici tre giornalisti internazionali – dell’Associated Press – rimasti a Mariupol  a testimoniare la brutalità dei russi. Sul Foglio lo avevamo raccontato così: “Sono passati dieci giorni dall’inizio dell’invasione dell’esercito di Vladimir Putin in Ucraina, il 24 febbraio 2022, chi poteva scappare è andato via, chi tenta ancora di fuggire è in coda nell’unico corridoio lasciato aperto – a singhiozzo, arbitrariamente, con un checkpoint via l’altro – dai russi, tutti gli altri cercano rifugio da qualche parte, increduli: perché ci bombardano, cosa abbiamo fatto?”.

 

 

Guardare “20 giorni a Mariupol” a  due anni da quando è stato girato è straziante e necessario, ed è per questo che l’Academy ha premiato la storia come miglior documentario. I tre giornalisti hanno dedicato la loro vittoria a Mariupol e alla resistenza degli ucraini. Chernov sul palco ha detto: “Vorrei poter fare a cambio con una storia in cui la Russia non ha mai attaccato l’Ucraina, mai occupato le nostre città. Preferirei dare indietro ogni riconoscimento, per una storia in cui la Russia non uccide decine di migliaia di miei connazionali ucraini".

 

 

“Vorrei che liberassero tutti gli ostaggi, tutti i soldati che stanno proteggendo le loro terre, tutti i civili che sono in prigione in questo momento. Ma non posso cambiare la storia. Non posso cambiare il passato. Voi, alcune delle persone più talentuose al mondo, e noi possiamo però assicurarci insieme che la storia venga corretta, che la verità abbia la meglio e che la gente di Mariupol e coloro che hanno sacrificato la loro vita non siano mai dimenticati. Perché il cinema crea i ricordi, e i ricordi creano la storia. Quindi grazie a tutti e grazie a tutti. Grazie Ucraina, Slava Ukraini”.

 

 

Il lavoro aveva già ricevuto un premio Pulitzer, un Bafta (British Academy Film and Television Award) e il Sundance Audience Award. In vista degli Oscar, i tre autori Evgeniy Maloletka, Mstyslav Chernov e Vasylisa Stepanenko hanno  ricevuto il Premio Shevchenko. Con una foto scattata a Mariupol in quei giorni, l'anno scorso Maloletka ha vinto anche il World Press Photo: l’immagine “cattura l’assurdità e l’orrore della guerra” ed è “una rappresentazione accurata degli eventi dell’anno scorso e una prova dei crimini di guerra commessi contro i civili ucraini da parte delle forze russe”, aveva detto la giuria.

Per il premio Oscar si è congratulato anche il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che con un post sui social ha scritto che “gli orrori di Mariupol non devono essere mai dimenticati. Il mondo intero deve vedere e ricordare ciò che la disumana invasione russa ha portato al nostro popolo”.

 

 

In questi due anni di guerra abbiamo raccontato la devastazione e gli orrori di Mariupol, oggi occupata dai russi, una città che è stata ridotta in macerie e sottoposta al terrore e alla fame, dove sono mancate per mesi luce, acqua potabile, medicine. Il 90 per cento dei condomini e il 60 delle case di Mariupol sono stati distrutti durante i bombardamenti. 

Poi la propaganda di Mosca ha cancellato la storia della città, oggi nessuno dice più che per conquistarla Putin ha dovuto raderla al suolo. Gli occupanti la stanno ricostruendo, ruspe e gru vengono mostrate ancora una volta per descrivere la rapidità e l'efficienza dei russi: hanno avuto l’ordine di non recuperare i corpi che ancora sono sepolti dalle macerie ma di coprire ogni cosa con il cemento, così non si saprà mai il costo umano di questo bombardamento, né soprattutto si dovrà mai renderne conto.

 

 

 

"20 giorni a Mariupol" è una produzione congiunta di The Associated Press e PBS. Ha debuttato al Sundance Film Festival e successivamente è stato proiettato all'inizio del 78esima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Negli Stati Uniti è uscito in alcune sale il 14 luglio 2023, in Ucraina è diventato il documentario con i maggiori incassi mentre in Italia non è ancora disponibile: a fine febbraio è stato proiettato alla Camera presentato dal sindaco legittimo di Mariupol, Vadym Boychenko, e Julija Pajevs’ka, attivista, atleta, paramedica ucraina. A fine proiezione e ringraziamenti e saluti, una buona parte del pubblico ha intonato l’inno ucraino.

 

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