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Mariupol, la devastazione con vista Mare d'Azov

Micol Flammini

Comprare una casa nella città devastata è visto come un investimento in Russia, gli acquisti sono spesso al buio o con la promessa di ricostruire. Chi lo fa sostiene la guerra e crede alle idee del Cremlino e basa la decisione su tre fattori: turismo, aria buona e confini sicuri. I calcoli cinici e sbagliati

Ha detto il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che la Russia non deve spiegare nulla a nessuno, che gli eventi dello scorso  fine settimana, come qualsiasi altro evento precedente, non hanno fatto altro che rafforzare il paese. Le dimostrazioni di compattezza attorno al Cremlino aumentano e chi tenta ancora di capire cosa sia accaduto, che fine abbia fatto Evgeni Prigozhin – che secondo l’intelligence ucraina, i servizi russi vorrebbero uccidere – deve accontentarsi dei “non so”, dei “siamo forti”. I funzionari di Mosca,  per non apparire fragili davanti alle decisioni ambigue prese sul futuro della Wagner, hanno creato la categoria dei “russi perduti”. Ci sono i patrioti, da  premiare, i traditori, da punire, e infine i “russi perduti”, per i quali va ostentata clemenza, come  gli ammutinati. Sono invece patrioti tutti coloro che credono nel futuro di Mosca e investono sulle sue  conquiste, come coloro che si sono gettati nel mercato immobiliare della devastata Mariupol. 

 

Mariupol ha conosciuto, dai primi giorni dell’invasione, i bombardamenti a tappeto dell’esercito russo. Chi è sopravvissuto ha raccontato che i colpi non finivano mai, arrivavano dalla terra, dal cielo, dal mare, a volte alternati a volte tutti insieme. A Mariupol è stato commesso il primo palese crimine di guerra: il bombardamento contro il teatro   in cui si erano rifugiati i cittadini rimasti senza casa, senza acqua, senza elettricità, e abbondantemente segnalato dalla scritta deti, bambini.  A Mariupol, gli ultimi combattenti che resistevano, gli uomini del reggimento Azov, asserragliati nelle acciaierie Azovstal vicine al porto, si sono dovuti consegnare ai russi, a patto di lasciare uscire vivi i cittadini che si erano rifugiati con loro.  Mariupol è un simbolo, è stata la prima grande città conquistata da Mosca e soprattutto distrutta da Mosca. La città è occupata da fine maggio del 2022, i russi hanno cominciato a ricostruire e il sito Bumaga ha raccontato che nella città rasa al suolo c’è un fervente mercato immobiliare. 

 

Le case a Mariupol sono ritenute un investimento, sul social VKontakte ci sono centinaia di annunci sulla vendita o l’affitto di appartamenti nella città occupata e i primi messaggi di chi è interessato sono apparsi addirittura prima che l’assedio finisse. Chi compra viene soprattutto dalle grandi città russe, molti non hanno mai visto Mariupol, né ora né prima della distruzione, ma è convinto che si tratti di un buon investimento. Per questo gli acquisti non riguardano soltanto immobili già rimessi in piedi, ma ci sono persone disposte a farsi carico dei lavori. Bumaga si è allora messo alla ricerca di questi possibili compratori per capire quale ragione potrebbe spingere una persona a voler acquistare una casa in una città distrutta, occupata, in un paese in guerra e obiettivo dichiarato della controffensiva degli ucraini.  Per molti di loro, Mariupol, che  si affaccia sul Mare di Azov,  potrebbe diventare una meta di vacanze – l’aria parecchio insalubre della città era  riconosciuta dai più già prima della guerra, nonostante le sue spiagge – tutti concordano nel dire che il peggio è ormai passato. Sembrano non temere le riconquiste di Kyiv, dicono che investire in città è un atto dovuto a Mosca e considerano il territorio come ineluttabilmente parte della Russia. 

 

Giorni terribili come quelli  che Mariupol ha già vissuto difficilmente ritorneranno, è stata una città in cui mancavano luce, acqua potabile, medicine. Una città ridotta al terrore e alla fame. Una città che, come hanno raccontato alcuni superstiti dell’assedio al Foglio, si è nascosta per mesi nelle cantine razionando pagnotte di pane misere portate dagli invasori. I russi che hanno  parlato con Bumaga hanno  detto che i confini  sono ben sorvegliati, per cui considerano impossibile il successo di una controffensiva ucraina.  Mare, aria buona, possibilità di affari con il turismo, sicurezza dei confini sono quindi le motivazioni più diffuse e veicolate dalla propaganda: questi cittadini sembrano essere all’oscuro dei piani e delle avanzate dell’esercito di Kyiv, dei successi già ottenuti dagli ucraini nel riconquistare i loro territori, del contrattacco che già si sta svolgendo a 80 chilometri a nord della periferia di Mariupol. Sembrano essere convinti dell’infallibilità del progetto di Mosca.  

 

A maggio dello scorso anno, il 90 per cento dei condomini e il 60 delle case di Mariupol erano  stati distrutti. I morti dall’inizio della guerra sono migliaia, confermate ci sono 1.348 vittime, i dispersi sono molti di più e tanti dei crimini commessi vengono coperti dalla ricostruzione. Mosca si sta vantando molto di come le opere per mettere in piedi la nuova città proseguano spedite: a marzo del 2023,  la principale società di costruzioni che opera a Mariupol diceva che 1.829 edifici erano stati restaurati, 36 condomini erano stati ricostruiti e 321 strutture pericolanti, demolite.   Avito è un sito di annunci economici e Bumaga ha già verificato settanta annunci di immobili per Mariupol. Il costo medio per un appartamento è di 3 milioni di rubli, circa 32 mila euro. Il segnale da parte di coloro  possono permettersi di comprare una casa o un appartamento, quindi soprattutto la fascia  più benestante della nazione, è chiaro:  credono che la guerra finirà come vuole il Cremlino, non vedono l’impresa di Vladimir Putin come fallimentare, sono pronti a scommettere sul futuro di una città che il loro esercito ha distrutto. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.