I punti in comune fra il Trattato di Barcellona e il Trattato del Quirinale

Jean-Pierre Darnis

Dopo la volontà di approfondire i legami con Parigi da parte dell'esecutivo Draghi, il governo Meloni ha messo un freno a queste velleità. I rischi dell'accelerazione del nuovo bilaterale franco-spagnolo

Il 19 gennaio scorso è stato firmato a Barcellona un Trattato di cooperazione bilaterale tra Francia e Spagna. Il Trattato di Barcellona vede la presidenza Macron e il governo Sánchez convergere sulla necessità della creazione di meccanismi bilaterali, con una formula che riprende in larga parte il dispositivo già osservato per il Trattato bilaterale franco-italiano, il Trattato del Quirinale firmato a Roma nel novembre 2021.

 

Il rafforzamento delle relazioni bilaterali costituisce un’opportunità per Parigi e Madrid. La Francia rappresenta per la Spagna la proiezione frontaliera verso il nord, e quindi l’Europa, ma anche un partner politico di peso che permette a Madrid di alzare il livello delle sue capacità di influenza nell’Unione europea, accedendo a uno status di “senior partner” con la Francia. Parigi d’altro canto deve fare i conti con una relazione bilaterale franco-tedesca altalenante mentre il conflitto in Ucraina ha spostato il baricentro dell’Unione a est. Inoltre le prospettive di allargamento dell’Unione potrebbero ulteriormente diluire il peso della coppia franco-tedesca che ha funzionato a lungo come utile compromesso fra Europa del sud ed Europa del nord.  Per Parigi, quindi, è bene cercare di solidificare il rapporto con i paesi mediterranei dell’Ue, Italia e Spagna, in modo tale da rafforzare il proprio peso all’interno dell’Unione. L’intesa con la Spagna permette anche un dialogo utile sulle proprie proiezioni mondiali. Mentre la Francia si percepisce come una potenza mondiale, con interessi in varie aree del pianeta, la Spagna è portata a coltivare rapporti privilegiati con il mondo latino-americano, una zona dalla quale la diplomazia francese sembra essersi ritirata. Dal punto di vista delle politiche estere, ci sono quindi delle potenziali convergenze e complementarità. Infine, va rilevato come il ciclo politico attuale sia molto favorevole al rafforzamento dei rapporti. Dopo lunghe divergenze sulla costruzione di un gasdotto tra i due paesi, l’intesa raggiunta sul gasdotto di idrogeno verde H2Med che collegherà Barcellona a Marsiglia ha segnato una svolta positiva nella concezione di un’infrastruttura strategica comune. 

 

Il Trattato di Barcellona ha numerosi punti in comune con quello del Quirinale: Consigli dei ministri con la presenza di un ministro dell'altro paese, creazione di un Consiglio di difesa bilaterale, scambi fra amministrazioni, creazione di un diplomatico di scambio nei ministeri di Affari esteri. Queste misure appaiono fondamentali per rendere efficiente un rapporto bilaterale. L’esperienza del rapporto franco-tedesco, che ha preso inizio nel 1963 con il Trattato dell’Eliseo, dimostra quanto siano importanti le commissioni e iniziative comuni che hanno portato a creare meccanismi di consultazione permanente fra Parigi e Berlino, e illustrano una profonda e mutuale conoscenza. Se esiste una vera e propria “sociologia del potere” tra Parigi e Berlino, è tutta da inventare tra Madrid e Parigi, con potenziali benefici per capitali che non hanno l’abitudine del dialogo.  Si può quindi ragionevolmente pensare che nel contesto attuale la Spagna non si lascerà sfuggire tali opportunità. Tra l’altro, la firma del Trattato nella città di Barcellona riveste una portata simbolica non secondaria, come un atto destinato a voltare la pagina dell’opposizione fra Catalogna e Madrid.

 

Questo nuovo scenario spinge però a interrogarsi sul rapporto bilaterale italo-francese. Se la firma del Trattato del Quirinale dal parte dell’esecutivo Draghi nel 2021 aveva segnato una forte volontà di approfondire i legami con Parigi e di trovare mezzi per gestire una relazione talvolta complessa e sofferta, il cambio di maggioranza in Italia ha messo un freno a queste velleità. Il Trattato del Quirinale è stato ratificato nel 2022 e si sta iniziando a lavorare insieme negli Esteri, nella Difesa o politica industriale. Ma le divergenze dell’autunno hanno lasciato il segno e, per esempio, la partecipazione di un ministro francese a un Consiglio dei ministri a Roma è stata rinviata alle calende greche, come l’organizzazione di un summit bilaterale. Se il bilaterale franco-italiano funziona ai minimi, rischia di essere velocemente sorpassato da quello franco-spagnolo che sembra avere tutti i presupposti per un’accelerata con una Spagna che non si lascia sfuggire una tale opportunità nel contesto europeo. L’Italia dovrebbe prestare attenzione all’evoluzione veloce di questo quadro europeo, anche per non perdere le opportunità inespresse del rapporto con Parigi.