Trevor Phillips, lo scomunicato
Il Labour sospende lo zar dell’antirazzismo con l’accusa di “islamofobia”
Roma. “La tirannia si presenta spesso come un colpo alla porta nel mezzo della notte. Ma anche nella lingua arida dell’avvertimento di un burocrate: ritrattate, pentitevi, denunciate i vostri compagni devianti e potreste salvarvi”. Si apre così l’articolo sul Times di Trevor Phillips, politico e giornalista di origine guyanese, con famigliari musulmani Fulani e Mandinka, già presidente del Nus (il sindacato nazionale degli studenti che Phillips guidava in scioperi e manifestazioni su tutto, dai diritti umani alla lotta contro l’apartheid), poi volto della Bbc, infine “zar” della Commission for Racial Equality, l’ente paragovernativo che dal 1976 promuove politiche per le pari opportunità.
E’ di sinistra, Phillips, ed è appena stato sospeso dal Labour, la sua casa politica. “Quando ho dato un’occhiata alla lettera di undici pagine che mi ha inviato il Partito laburista, la frase ‘sospensione amministrativa’ ha attirato la mia attenzione. Queste parole segnalano l’esilio da una comunità che ho abitato per decenni: amici, colleghi, persino la mia famiglia. In sostanza, dopo oltre trent’anni di promozione della causa laburista, sono accusato di eresia e minacciato di scomunica”.
Phillips ha accusato il Labour corbynizzato di essere una “setta brutale e autoritaria”. E’ stato sospeso per avere denunciato anni fa che gang di pakistani hanno abusato indisturbati su bambini nelle città del nord inglese (era vero, il caso Rotherham è stato una pagina nera della recente storia britannica). Poi per avere sostenuto che i musulmani in Gran Bretagna “stanno diventando una nazione all’interno di una nazione”. Phillips aveva scritto come dai dati emerga “una frattura tra i cittadini musulmani e non musulmani attorno ad alcune tematiche fondamentali come il matrimonio, i rapporti tra uomo e donna, la scuola, la libertà di espressione e persino l’ammissione della violenza in difesa della religione”. Il Consiglio musulmano della Gran Bretagna ha accusato Phillips di avere rilasciato “dichiarazioni incendiarie sui musulmani che sarebbero inaccettabili per qualsiasi altra minoranza”. Phillips aveva ricevuto il premio “Islamofobo dell’anno” dalla Commissione islamica per i diritti umani (Ihrc). E’ la stessa organizzazione che ha assegnato, in maniera a dir poco macabra, il titolo postumo ai giornalisti di Charlie Hebdo.
Ma nel Labour non tutti ci stanno a processare Phillips. Khalid Mahmood, un deputato laburista, ha dichiarato: “Le accuse sono così stravaganti da portare discredito a tutti coloro che sono coinvolti e temo che aumentino ulteriormente la sensazione che abbiamo perso la nostra strada”. In precedenza, Phillips aveva realizzato anche un documentario sul multiculturalismo e ora presiede l’Index on Censorship, un gruppo che fa campagne per la libertà di espressione. In questi due anni, decine di politici e dirigenti del Labour sono stati colti in fallo nelle peggiori nefandezze ideologiche, dall’antisemitismo più sfacciato al flirt con i movimenti islamisti per motivi elettorali. Jeremy Corbyn ha coperto quanto ha potuto (lui stesso ne ha combinate molte). Per il Labour era però intollerabile che non un bianco di destra, ma uno dei propri uomini, un giornalista di colore e di sinistra, lanciasse simili accuse al multiculturalismo inglese. Il “traditore”.