Emmanuel Macron (foto LaPresse)

“Non avremo leggi turche in Francia”. Macron, l'islam e l'appello dei 60

Giulio Meotti

Il presidente vuole la quarantena del virus islamista. 60 intellò: “La nostra debolezza li spinge a chiedere di più”

Roma. “Gli ideologi islamici lavorano allo stesso modo su entrambe le sponde del Mediterraneo: quello che hanno fatto venti o trent’anni fa in Maghreb, lo fanno oggi in Francia. Se questi ecosistemi islamisti continueranno, parleranno a nome dei compagni musulmani. In caso di reazione o vittoria elettorale dell’estrema destra, saremo in uno scenario di guerra civile”. E’ a dir poco fosco lo scenario tracciato sul Figaro da Bernard Rougier, accademico e arabista, autore del nuovo libro “Les territoires conquis de l’Islamisme”. E’ lo scenario in cui ha messo piede martedì Emmanuel Macron. Il presidente ha spiegato che i musulmani francesi hanno il loro posto nella comunità nazionale, che sono francesi tra i francesi, ma che non ci saranno leggi islamiche sul suolo francese. Macron ha detto che l’ideale repubblicano non è uno spazio vuoto ma una realtà storica di cui è urgente affermare la pienezza ed esigere che tutti la rispettino. Macron lo ha detto da Mulhouse, in Alsazia, dove gli islamisti stanno lavorando a uno spazio che prenda in carico tutti gli aspetti della vita mettendoli sotto il controllo religioso, una vera e propria enclave teocratica finanziata dal Qatar e dalla Turchia.

 

Il presidente francese ha lanciato una campagna contro l’islam politico e quello che chiama “separatismo islamista” in alcune città francesi, annunciando la stretta del finanziamento straniero alle moschee, la fine della nomina da parte di Algeria, Marocco e Turchia di trecento imam all’anno in Francia e una revisione dei corsi di turco e arabo. Gli imam, ha detto Macron, sono spesso legati al salafismo o ai Fratelli musulmani e “predicano contro la Repubblica”. La sua Amministrazione ha designato 47 distretti francesi in cui lanciare una “riconquista repubblicana”. Secondo Jean-Yves Camus, esperto di estremismo politico, si tratta di “misure che non erano mai state prese prima”. 

 

Nella sua visita a Mulhouse, Macron è andato giù duro anche contro la Turchia. “Non possiamo avere le leggi della Turchia sul suolo francese”, ha avvertito il capo dell’Eliseo. Il presidente del Parlamento turco, Mustafa Sentop, ha subito castigato la “primitiva islamofobia” del capo di stato francese. E’ con una lettera su Marianne che sessanta intellettuali francesi si rivolgono a Macron. “Signor presidente della Repubblica, alcuni di noi ti sostengono, altri ti si oppongono. Qualsiasi concessione convincerà l’islam secessionista solo della nostra debolezza e lo incoraggerà a chiedere sempre di più”. Parlano di un “islam secessionista dei violenti jihadisti, ma anche del salafismo e dei Fratelli musulmani, del wahhabismo e della Lega islamica mondiale, dei Milli Gorüs e dei Ditib, dei Tabligh”. I sessanta dicono che oggi “la priorità non è organizzare ‘l’islam in Francia’, ma riaffermare i princìpi della Repubblica laica, i princìpi di libertà di coscienza e quindi del diritto all’apostasia, del diritto di criticare le religioni”. A firmare l’appello autori musulmani come Kamel Bencheikh, Zineb El Rhazoui e Mohamed Louizi; il filosofo Jean-François Braunstein e il saggista Pascal Bruckner; la sociologa Nathalie Heinich e il direttore di ricerca del Cnrs Philippe d’Iribarne; e ancora il giornalista Yves Mamou, il romanziere algerino Boualem Sansal e Pierre Vermeren, docente di Storia alla Sorbona. Restano dei dubbi. Perché non vietare finalmente i gruppi salafiti e in primo luogo i Fratelli musulmani? E sulla formazione degli imam: da chi sono istruiti e che cosa si insegna loro? Non è sufficiente conoscere le regole repubblicane per aderirvi e rinunciare a predicare un islam separatista. L’ora è seria, come ha detto Rougier. Ad aspettare Macron a Mulhouse c’era una donna in niqab, il completo islamico usato nei regimi della sharia. E’ vietato per legge in Francia. Ma l’islamismo della conquista sta tastando il polso all’Esagono. A dieci centimetri dal volto di Macron.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.