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Stremati al G7

David Carretta

Conte, Trump, Merkel e tutti gli altri arrivano stropicciati e poco utili al vertice di sabato in Francia

Bruxelles. Emmanuel Macron non poteva trovarsi in situazione peggiore per presiedere un vertice del G7. Il presidente americano, Donald Trump, è già lanciato in campagna elettorale e moltiplica i conflitti verbali minacciando perfino la gentile Danimarca dopo il rifiuto di vendergli la Groenlandia. La cancelliera tedesca Angela Merkel è a fine regno e alle prese con una probabile recessione. Il primo ministro britannico, Boris Johnson, è Boris Johnson e deve fare i conti con la Brexit tra due mesi. Il premier canadese, Justin Trudeau, è indebolito da scandali interni.

 

Quello giapponese, Shinzo Abe, si è messo a fare il Trump asiatico con una piccola guerra commerciale contro la Corea del Sud. Il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, si sarà anche liberato dal peso salviniano ma ha dato le dimissioni. Non c'è da stupirsi se il presidente francese abbia rinunciato alla tradizione del comunicato finale del G7, ironizzando sui documenti “che nessuno legge”. Lo scorso anno in Quebec, dopo estenuanti trattative su una frase contro il protezionismo, già a bordo dell’Air Force One Trump aveva ritirato la firma accusando Trudeau di essere “disonesto”. Ma, al di là delle debolezze individuali di ciascun leader e delle abituali spacconate del presidente americano (“ogni volta che il presidente Trump viene in Europa, notiamo un aumento della sua attività Twitter e non sempre amichevole nei confronti dell’Ue”, ha detto ieri una fonte europea), il problema del G7 di Biarritz è più profondo: le divergenze dentro il club delle potenze industriali occidentali sono reali e non riguardano alcuni dettagli o la tattica da seguire, ma la sostanza e la strategia per questo mondo caotico in profonda trasformazione, con la Cina che aspira all’egemonia e la Russia testardamente revanscista. Lo ha ammesso anche Macron mercoledì: “Viviamo un periodo storico dell’ordine internazionale, segnato da una crisi molto profonda delle democrazie, al contempo di rappresentatività e di efficacia”. E cos’è (era) il G7 se non la famiglia delle democrazie occidentali che lavorano insieme per promuovere i propri interessi a vantaggio di tutti?

 

Dalla politica estera all'economia, Biarritz è un accumulo di dispute. L’Iran è “il tema chiave” dell'attualità internazionale ma “divide il G7”, dice al Foglio una fonte europea. “Tutti condividono gli stessi obiettivi, non vogliamo che l’Iran diventi una potenza nucleare e siamo tutti preoccupati del ruolo non costruttivo nella regione”. Ma da quando Stati Uniti e Ue hanno imboccato strade opposte – Trump ritirandosi dall’accordo sul nucleare, gli europei cercando di preservarlo a tutti i costi - “non siamo riusciti a fare progressi”, spiega la fonte. Anzi, la Repubblica islamica si permette di minacciare la libertà di navigazione nello stretto di Hormuz, senza che la famiglia delle democrazie occidentali abbia una strategia coerente per rispondere (e questo sarà il tema forse più caldo a Biarritz). Idem sul commercio internazionale. La guerra dei dazi di Trump contro la Cina inizia a fare seriamente male all’economia mondiale, dunque all’Europa, dunque alla Germania e dunque all’Italia. Tuttavia alla famiglia rischia di fare ancora più male una guerra dei dazi di Trump contro le auto tedesche, che Merkel vuole evitare a ogni costo ma che Macron sarebbe anche pronto a affrontare.

 

Spavaldo come al solito, Macron ha riempito l'agenda del vertice del G7 di temi e sessioni che potrebbero far infuriare Trump. Uno è la “lotta contro le disuguaglianze”. Un altro è “clima, biodiversità e oceani” (gli incendi in Amazzonia). Un terzo è la “trasformazione digitale” (Trump minaccia la Francia per la sua digital tax). Non mancherà un momento per l’Africa. Domenica a cena è stato invitato anche il premier spagnolo, Pedro Sánchez. Chi probabilmente non sarà invitato nemmeno il prossimo anno è Vladimir Putin. “E’ pertinente che la Russia ritorni”, ma “dire che la Russia domani deve tornare al tavolo senza condizioni è un atto di debolezza”, ha spiegato Macron. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, dirà che per l’Ue “l’esclusione della Russia dal G8 è valida ancora oggi”, spiega al Foglio la fonte europea. Al suo ultimo G7, Tusk lancerà un appello alla famiglia: “Siamo democrazie, rispettiamo lo stato di diritto, siamo la famiglia delle democrazie occidentali, il mondo sta cambiando e se vogliamo influenzare la direzione del mondo, dovremmo lavorare insieme. I conflitti tra i paesi del G7 sono assolutamente controproducenti. Non servono gli interessi né degli Stati Uniti né dell’Ue”.