Giuseppe Conte (foto LaPresse)

Conte nudo al G7 di Biarritz

Francesco Maselli

Il premier va al vertice francese da dimissionario, in pratica è un esercizio di stile. Invece Merkel e Macron…

Roma. Al G7 di Biarritz, in Francia, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte parteciperà in maniera simbolica, senza poter influire in modo rilevante sui dossier più importanti e nemmeno essere coinvolto nei bilaterali che più contano, quando si tengono questo tipo incontri internazionali. E’ d’altronde inevitabile per un premier dimissionario essere poco considerati dai suoi omologhi, circostanza ammessa implicitamente dalla stessa presidenza del Consiglio, che oggi volerà a Biarritz con una delegazione molto scarna. Inutile muovere tutta la macchina diplomatica per un esercizio di stile. Una situazione che ricorda tra l’altro quella di un anno fa: al G7 di La Malbaie, in Canada, Conte si presentò appena nominato preparando l’incontro in fretta e furia, senza una vera e propria agenda.

 

 

Certo, l’Italia ha sempre avuto governi molto meno duraturi rispetto ai partner europei più importanti, che al contrario poggiano su sistemi politici e costituzionali pensati per essere più stabili. Un inconveniente che tuttavia può essere risolto, come accadeva durante la prima e in parte anche durante la seconda repubblica, con il senso di continuità: nonostante i tanti governi e i conseguenti presidenti del Consiglio, l’Italia ha coerentemente difeso le sue posizioni nel quadro dei tre pilastri condivisi da tutto l’arco costituzionale. Atlantismo, europeismo, priorità al Mediterraneo. Ecco cos’è cambiato con il governo del cambiamento, che invece ha deciso di sperimentare strade di politica estera del tutto nuove. 

 

 

In primo luogo con la Cina, con la quale Roma ha firmato il memorandum di intesa sulle vie della Seta, unico stato, guarda caso, tra i partecipanti al G7 di Biarritz. Proprio su questo Giuseppe Conte avrebbe dovuto chiarire: l’esecutivo ha prima firmato il memorandum con Pechino e poi, complici le durissime reazioni internazionali, in particolare di Francia e Stati Uniti, ha cominciato a minimizzare, mostrandosi sorpreso per l’attenzione ricevuta dall’accordo. Attenzione al contrario molto elevata da parte della Cina, che non ha dimenticato affatto l’adesione italiana, e anzi ha molto apprezzato la mancata approvazione del decreto sulla golden power rafforzata.

 

A ciò si aggiunge la disfunzionalità di un governo con tre agende di politica estera contraddittorie e improntate a interessi di parte, quella di Matteo Salvini, quella di Giuseppe Conte, e quella di Luigi Di Maio; per non parlare dei rapporti, ambigui e mai chiariti, del ministro dell’Interno con la Russia di Vladimir Putin. Nonostante il viaggio negli Stati Uniti e l’ostentata conversione all’atlantismo, Matteo Salvini è ancora considerato inaffidabile. Prova ne sia l’affaire Metropol. Ecco perché una partecipazione piena del presidente del Consiglio italiano a Biarritz sarebbe stata molto utile, stante la delicatezza dei punti da affrontare. E invece così non sarà, anche se le colpe di Giuseppe Conte, da questo punto di vista, sono relative.

 

Al di là della diffidenza che il governo gialloverde ha alimentato nei partner internazionali, un presidente del Consiglio dimissionario è sempre isolato, spiega una fonte diplomatica al Foglio: “In questi consessi contano gli incontri bilaterali, non ci si incontra per fare decisivi passi avanti sui dossier tecnici. Da questi saremo tagliati fuori, mi pare purtroppo evidente. Questa volta, tra l’altro, i bilaterali sono ancora più importanti: Ursula von der Leyen non può ancora partecipare al G7, Jean-Claude Juncker non verrà per motivi di salute, quindi tutto si gioca tra Angela Merkel ed Emmanuel Macron. In più non sappiamo ancora bene quale sarà l’esito di questa crisi, non possiamo nemmeno ‘preparare’ gli altri leader a ciò che verrà. Perché mai gli altri dovrebbero coinvolgerci in discussioni su dossier delicati? Tra una settimana Conte non ci sarà più. Al massimo ascolteremo”.

 

Ciò che possiamo registrare, tuttavia, è la relativa importanza dell’impalpabilità italiana rispetto alla grande novità che porta con sé il summit, ovvero la decisione francese di non lavorare a un documento finale condiviso. Ci spiega un’altra nostra fonte che questo particolare “eviterà di rendere la situazione italiana il centro delle discussioni, come magari accaduto altre volte”. Anche perché, continua il nostro interlocutore: “Il vero tema di queste riunioni, e più in generale dell’alleanza atlantica, è l’elemento di rottura che rappresenta Donald Trump. Basti pensare al suo comportamento dell’anno scorso in Canada, proprio quello che si vorrebbe evitare questo week end. In questa fase il confronto è transatlantico”.

Di più su questi argomenti: