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Prima di considerare Biarritz un fiasco, valutiamo Macron e Conte

Gianni Castellaneta

L’endorsement che il premier ha ricevuto via Twitter da Trump è la cartina di tornasole che dimostra la soddisfazione dell’amministrazione americana per un ritorno alla normalità dialettica tra alleati

Tradizionalmente il successo di un vertice del G7 o del G20 si misura dal comunicato finale che viene concordato e firmato dai leader partecipanti: un testo di solito piuttosto lungo ed elaborato che contiene una serie di impegni – più o meno concreti e dettagliati – in vari ambiti degli affari internazionali. Se questo fosse il metro di giudizio, allora il summit di Biarritz potrebbe essere considerato un fallimento totale: per la prima volta i sette “grandi” (più uno, ovvero il presidente del Consiglio europeo) non hanno pubblicato alcuna dichiarazione finale, ma si sono limitati a concordare una scarna comunicazione riassuntiva dove vengono elencati i temi più “caldi” che sono stati oggetto di discussione: commercio internazionale, Iran, Ucraina, Libia e Hong Kong. Cinque scenari di crisi dove effettivamente non è stato preso alcun provvedimento congiunto e che restano ancora insoluti.

 

Eppure, sarebbe riduttivo limitarsi ad un’analisi che non vada oltre la superficie di un G7 definito come “buco nell’acqua” e che sembrerebbe aver dimostrato una volta di più la scarsa utilità di formati multilaterali che non corrispondono più alla distribuzione attuale del potere globale a livello politico ed economico. Infatti, non bisogna sottovalutare la complicatissima congiuntura internazionale nella quale si è trovato Emmanuel Macron. In una fase in cui gli Stati Uniti agiscono in maniera sempre più unilaterale, dove le guerre commerciali tra America e Cina rischiano di provocare enormi danni all’economia globale, con l’Europa divisa a causa della Brexit “dura” che sembra ormai inevitabile, il presidente francese si è dimostrato molto abile ad orchestrare un vertice che ha raggiunto quantomeno il risultato di far sedere attorno al tavolo i principali leader occidentali per due giorni e confrontarsi, in maniera schietta e informale, su problemi che allo stato attuale le diplomazie ufficiali non sembrano in grado di risolvere.

 

L’invito del ministro degli Esteri iraniano a partecipare al summit francese ha costretto i leader a riflettere su una crisi internazionale che rischia di avvitarsi su se stessa. Allo stesso modo, le discussioni sull’Ucraina hanno messo a fuoco il tema dei rapporti con la Russia e l’eventualità che Putin venga nuovamente invitato a sedersi al tavolo di quello che una volta era il G8. Sul commercio internazionale, se da un lato Trump ha deciso di alzare nuovamente i dazi nei confronti della Cina – continuando un pericoloso tit for tat di cui non si riesce a vedere la fine – dall’altro il sanguigno PresidetoTO si sta comportando meglio” nei confronti degli Usa.

 

In tutto questo, non va sminuito neppure il contributo fornito dall’Italia e dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che nonostante la crisi politica interna si è dimostrato decisamente più a suo agio rispetto alla sua prima apparizione in campo internazionale, l’anno scorso a Charlevoix in Canada. L’endorsement ricevuto via Twitter da Trump (con la e di Giuseppe pronunziata in inglese i) è il frutto non solo di una valutazione personale dell’inquilino della Casa Bianca ma è anche la cartina di tornasole che dimostra la soddisfazione dell’amministrazione americana per un ritorno alla normalità dialettica tra alleati. Conte ha saputo offrire un contributo di rilievo su tutti i principali argomenti discussi: dalla Russia all’Iran, dall’Afghanistan alla Siria, passando per web tax, monete virtuali e protezione dell’ambiente. Probabilmente, anche la normalizzazione in corso del dibattito politico interno ha contribuito ad una performance più disinvolta e rilassata del premier, che si è trovato di colpo svincolato da “paletti” politici che ne avevano sensibilmente limitato la libertà di azione e l’iniziativa di governo. Pensare che l’Italia sia tornata ad essere forte e autorevole dopo il G7 di Biarritz sarebbe una conclusione frettolosa; certo è che da ora in avanti, se Conte sarà confermato premier “politico” di un nuovo esecutivo, con un programma di cambiamento fortemente europeistico sarà fondamentale rafforzare le relazioni personali ed istituzionali a livello internazionale dando prova ai partner di crescente affidabilità , continuità ed efficacia del nostro sistema paese. Come dicono nel deep state a Washington nessuno ti offre mai un free lunch, (un pranzo gratis).

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