Robert Mueller (foto LaPresse)

Mueller ha consegnato il suo rapporto sul Russiagate

Daniele Raineri

Il procuratore speciale ha inviato al ministro della Giustizia William Barr il documento con i risultati di quasi due anni di indagini sulle interferenze russe nelle elezioni presidenziali 2016. Cosa sappiamo e cosa rischia ora Trump

New York. Venerdì pomeriggio il procuratore speciale Robert Mueller ha consegnato il suo rapporto sulle interferenze russe nelle elezioni presidenziali 2016 al ministro della Giustizia William Barr. Il documento contiene i risultati dell’inchiesta cominciata nel maggio 2017 per stabilire se c’è stata collusione tra il comitato elettorale di Donald Trump e il governo russo per vincere le elezioni e se Trump ha successivamente tentato di bloccare le indagini – e se questo fosse il caso allora avrebbe commesso il reato di ostruzione alla giustizia.

 

L’attesa per il rapporto Mueller era altissima perché l’America non attraversa una crisi costituzionale così seria e lunga dalle dimissioni del presidente Richard Nixon nel 1974, ma il rapporto non è pubblico e le sue conclusioni potrebbero restare segrete, almeno in parte. In teoria Mueller si limita a consegnare il documento al ministro della Giustizia e il ministro ne condivide le conclusioni con membri selezionati del Congresso, sia democratici sia repubblicani, e questo potrebbe essere tutto.

 

Le indagini del procuratore speciale sono andate avanti con accelerazioni improvvise e pause per quasi due anni, hanno portato all’incriminazione di trentaquattro persone – sette americani, di cui sei lavoravano per l’Amministrazione Trump, e ventisei russi, di cui almeno dodici sono agenti dei servizi segreti della Russia – e hanno scatenato una campagna rabbiosa da parte del presidente, che la definisce “una caccia alle streghe”.

 

Adesso sarà il ministro della Giustizia Barr a decidere effettivamente quante e quali parti del rapporto rivelare al Congresso e ha detto che comincerà già in questo fine settimana. E’ in questa fase che ci si aspetta che una parte del contenuto del rapporto sarà fatta trapelare alla stampa. La disponibilità di Barr suggerisce che il rapporto Mueller potrebbe non essere dannoso per Trump come sperano i democratici. Per ora l’unica cosa che si sa è che una fonte del ministero della Giustizia ha detto che il procuratore speciale nelle sue conclusioni non chiede altre incriminazioni oltre a quelle che ha già chiesto nel corso delle indagini e anche questa anticipazione viene letta come un segno che il rapporto potrebbe non essere così sfavorevole a Trump. Il presidente tuttavia non può essere incriminato, quindi l’assenza di nuove incriminazioni non può nemmeno essere letta come un segno che per lui è tutto finito bene.

 

I democratici da tempo chiedono che il rapporto sia reso pubblico perché riguarda le elezioni americane e quindi i cittadini hanno diritto di sapere tutto e hanno annunciato che potrebbero avviare un procedimento legale al Congresso per ottenere il documento. Anche il presidente Trump ha detto di volere che il rapporto sia reso pubblico, ma non è affatto certo che succederà.

 

La questione dei rapporti fra Trump e la Russia ha pesato moltissimo sulla prima metà del mandato di Trump. I critici più duri sostengono che il governo russo ha in mano materiale compromettente sul presidente americano e che può ricattarlo per ottenere decisioni strategiche molto favorevoli. I suoi sostenitori sostengono che le accuse sono tutte una montatura da parte di un’opposizione che non si è rassegnata alla vittoria di Trump. Il rapporto Mueller non è la fine delle inchieste sul presidente, che nel frattempo si sono allargate e ramificate e sono passate ad altri inquirenti, ma di sicuro diventerà un argomento fortissimo in mano ai critici oppure ai sostenitori di Trump. A Washington, fra gli addetti ai lavori, i politici e i giornalisti consumati dall'attesa, l'arrivo del Mueller report era ormai considerato come il giorno del giudizio. Vedremo se risponderà alle aspettative.

 

Detto questo, per ora c’è soltanto un dato certo ed è che non si sa ancora nulla del contenuto del rapporto. Potrebbe scagionare completamente il presidente americano oppure raccomandarne l’impeachment per collusione con i russi.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)