Come ci è finita la lotta al Global compact nelle proteste dei gilet gialli?
Questa cosiddetta rivoluzione, giorno dopo giorno mostra la sua vera faccia, che ha a che fare più con lo smantellamento delle regole di convivenza della globalizzazione e del liberalismo che con il caro benzina. Storia di un'intossicazione populista
Milano. Sabato Marine Le Pen si ritroverà assieme al partito fiammingo di estrema destra Vlaams Belang e al solito, ineffabile Steve Bannon, il federatore del sovranismo infederabile, per denunciare “un atto di tradimento”, cioè il Global Compact, il progetto dell’Onu per una “migrazione sicura, ordinata e regolare” che deve essere firmato la settimana prossima in Marocco.
Come un piano negoziato da 192 paesi (America esclusa) che non è vincolante e che, soprattutto, non esercita alcun potere sulle legislazioni nazionali sia diventato un atto di tradimento ha un che di folle, ma questa mistificazione – questo enorme abbaglio – è un’istantanea perfetta dell’intossicazione populista. Il Global Compact è entrato anche nella piazza dei gilet gialli, questa cosiddetta rivoluzione che ha giocato finora sulla propria spontaneità e che giorno dopo giorno mostra la sua vera faccia, che ha a che fare più con lo smantellamento delle regole di convivenza della globalizzazione e del liberalismo che con il caro benzina.
Se si guardano i post su Facebook della nuova protesta prevista per sabato, nonostante il passo indietro del governo, si nota che tra le tante motivazioni di protesta è entrato il Global Compact: Emmanuel Macron sta per svendere la Francia all’Onu, la data fatidica si avvicina, l’Onu prevede l’arrivo di 480 milioni di migranti per distruggere l’Europa, il presidente si prepara alla sovversione della Francia, alla grande sostituzione dei francesi da parte degli immigrati, gilet gialli, dovete bloccare Macron perché non parta la prossima settimana per Marrakech (l’elenco degli slogan è stato stilato dal Monde).
"Macron traditore, il popolo ha fame". Questa la scritta sul gillet di uno dei manifestanti francese
C’è persino chi sostiene che Macron, dopo aver firmato il Global Compact, si dimetterà lasciando il paese nelle mani delle Nazioni Unite. Sono iperboli certo, ma quando alcuni portavoce dei gilet gialli vanno in tv a dire che sabato ci sarà la presa dell’Eliseo – cosa volete fare tecnicamente?, ha chiesto con insistenza il conduttore televisivo a Eric Drouet, uno dei volti dei gilet, che ha risposto: entrare dentro – si capisce che come il Global Compact era del tutto innocuo (anzi per paesi come l’Italia persino benefico) e non lo è più così la protesta non è più spontanea né pacifica, e la trasformazione è avvenuta rapida e precisa sotto ai nostri occhi.
Se il governo dice che deve mandare i blindati, molti inorridiscono – eccolo, Macron, che vuole militarizzare la Francia e prende a pretesto i gilet gialli per farlo – e fan finta di non sapere che pochi giorni fa questi stessi gilet avevano invocato di sostituire il presidente eletto con un generale.
I partiti francesi rincorrono la protesta, la Le Pen la usa per ribadire il sogno di un terremoto populista contro le élite democratiche, il leader degli “insoumis” Jean-Luc Mélenchon si presenta alle manifestazioni sperando di farsi notare e i Républicains fanno propria la campagna contro il Global Compact: Macron “si appresta a tradire ancora una volta i francesi” firmando il patto, ha tuittato la portavoce dei gollisti Lydia Guirous, “questo progetto è una minaccia per la nostra sovranità e la nostra identità, ogni popolo ha il diritto di scegliere chi vuole accogliere”.
Il governo belga è entrato in crisi per uno scontro sul Global Compact, il ministro degli Esteri slovacco si è dimesso perché il suo governo vuole unirsi ai boicottatori di Marrakech, l’Italia ha lasciato che il ministro dell’Interno Matteo Salvini cambiasse la posizione ufficiale, si unisse ai paesi contrari al Global Compact, pure se il premier Giuseppe Conte aveva rassicurato l’Assemblea dell’Onu due mesi fa sulla firma italiana e pure se il M5s è favorevole all’accordo onusiano. Che non mina nessuna sovranità né identità, che non impone nulla, che è soltanto un modo per responsabilizzare le nazioni di provenienza dei migranti e internazionalizzare una crisi che altrimenti resta tutta dei paesi di prima accoglienza cioè l’Italia. L’intossicazione populista è così, si nutre d’abbagli, e oggi s’è messa il gilet giallo.
la sconfitta del dittatore