Péter Szijjártó (foto LaPresse)

Il ministro degli Esteri ungherese ci spiega il “no” al Global Compact

Andrea Affaticati

"L'immigrazione non è un diritto", dice al Foglio Péter Szijjártó. Putin? "Noi siamo pragmatici". E al Parlamento Ue Orbán resterà col Ppe

Milano. Durante la prima seduta plenaria della due giorni dell’Osce, l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, in corso a Milano e guidata dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi – l’Italia ne detiene la presidenza di turno quest’anno – i 40 e passa ministri degli Esteri presenti hanno espresso la loro preoccupazione per il riacutizzarsi del conflitto tra Ucraina e Russia. Non la pensa così il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó, il quale ha preferito parlare di immigrazione e del Global Compact: “Siamo stati, insieme agli Stati Uniti, i primi a dire che non l’avremmo sottoscritto, ora siamo in nove ”, ricorda al Foglio Szijjártó unico ministro degli Esteri a seguire tutti gli incontri intergovernativi sul tema. “C’erano i rappresentanti di Africa e Sudamerica che facevano valere i loro interessi. Invece per l’Unione europea c’era un diplomatico austriaco che si è limitato a leggere una dichiarazione, dando l’immagine di un’Ue estremamente debole. Io ho letto tutto il documento e contesto il fatto che, come si evince dalle sue pagine, la migrazione sia un diritto umano. Perché se si tratta di migrazione economica, ogni stato ha il diritto di decidere se accogliere o no queste persone”.

 

Chissà se il rappresentante austriaco nel consesso dell’Onu non abbia già agito pro domo sua, visto che anche l’Austria non sottoscriverà, al pari dell’Italia, il documento a Marrakech la settimana prossima. Con questo, proseguiva Szijjártó, nulla da dire su quei paesi che invece preferiscono un paese multietnico “ma non puntate il dito contro l’Ungheria, soltanto perché vuole preservare le sue tradizioni, la sua storia e la sua cultura. La nostra struttura sociale è da sempre omogenea”. Il fatto che l’Ungheria difenda in modo assertivo le proprie posizioni in sede europea non è un problema per il ministro. “Noi siamo membri dell’Ue e intendiamo continuare a esserlo. Penso che l’Ue stia vivendo un momento storico in cui deve prendere decisioni sul suo futuro. Il che non è affatto negativo. Quando dovremmo discutere del futuro dell’Ue se non ora? Noi vogliamo un’Europa che sia di nuovo forte, non mettiamo in dubbio che lo vogliano anche gli altri, solo che partono da posizioni diverse dalla nostra. Non accetto però la stigmatizzazione. Noi difendiamo semplicemente la nostra idea: rafforzare i singoli stati membri, per essere poi più forti insieme”. La stigmatizzazione per Szijjártó è da evitare anche quando si parla di democrazia illiberale, termine usato dal premier Viktor Orbán. Per Szijjártó si tratta di un travisamento da parte degli altri paesi. “Ogni volta che vanno al potere partiti che non sono socialisti o liberali, il sistema e lo stato in questione vengono tacciati di non essere democratici. Per questo il premier ha usato questa definizione. Abbiamo avuto tre elezioni libere, abbiamo ottenuto due terzi dei voti. Per cui, non insultate gli ungheresi come se non fossero capaci di votare”.

 

Il ministro spiega che in vista delle elezioni europee del prossimo anno, Fidesz, il partito di Orbán, non ha motivo di distaccarsi dai popolari europei per unirsi alla Lega e a Rassemblement National di Marine Le Pen nonostante ci sia una grande vicinanza ideologica: “Il Ppe raccoglie un ampio spettro di posizioni politiche e noi facciamo parte di questo spettro”. E a proposito di vicinanze. Alla domanda se in caso di apertura da parte dell’Ue di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per deficit eccessivo, l’Ungheria si posizionerebbe dalla parte dell’Italia, la risposta diplomatica è: “Noi non siamo nell’Eurozona, per cui non abbiamo grande influenza”.

 

Tornando alle tensioni tra Russia e Ucraina, il premier Orbán ha fatto sapere di essere dalla parte dell’Ucraina, il che sembra un controsenso, considerando i buoni rapporti tra Budapest e Mosca: “Noi siamo per un rapporto pragmatico con la Russia, mentre altri paesi manifestano un approccio molto duro e poi stringono affari miliardari. Un esempio? la costruzione del gasdotto North Stream 2”.