I festeggiamenti per la Giornata nazionale del territorio britannico d'oltremare di Gibilterra

Madrid ha perso il suo pragmatismo, l'identità è una questione politica

Eugenio Cau

Polemiche per la questione di Gibilterra, per la Catalogna e per la salma di Franco. La strategia di Casado e quella di Sánchez

Roma. Negli ultimi giorni l’opposizione spagnola, e in particolare il leader del Partito popolare, Pablo Casado, ha attaccato il governo socialista di Pedro Sánchez su un tema che solo apparentemente è distante dagli interessi di Madrid: la Brexit. Per molti spagnoli, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea è l’occasione perfetta per pareggiare i conti con Londra su Gibilterra, il territorio britannico d’oltremare che Casado ha definito “l’ultima colonia su suolo europeo”. Negli scorsi mesi ci sono state grandi aspettative in Spagna sulla questione, che ha rischiato di trasformarsi in un problema simile a quello dell’Irlanda del nord: anche tra Spagna e Gibilterra i lavoratori transfrontalieri, giornalieri o stagionali, sono tantissimi, e un hard border provocherebbe il blocco della penisola. Per molti mesi dopo il referendum sulla Brexit, il ministro degli Esteri del governo conservatore di Mariano Rajoy propose come soluzione una condivisione della sovranità su Gibilterra tra Spagna e Regno Unito. Ma dapprima Rajoy e poi il suo successore Sánchez si lasciarono convincere dai partner europei che non valeva la pena minacciare di far saltare un accordo già complicatissimo (la Spagna, come tutti i paesi membri, ha diritto di veto) per una penisola rocciosa. Così, questo mese, Sánchez ha annunciato un accordo su Gibilterra che garantisce in parte i transfrontalieri ma per il resto lascia lo status quo inalterato, tralasciando altre questioni irrisolte, come il problema del contrabbando, specie di tabacco, dell’inquinamento, del sistema fiscale eccezionalmente lasco. Sánchez è diventato vittima facile della retorica di Casado, un leader più identitario e meno pragmatico del suo predecessore Rajoy. Nei suoi discorsi, Casado ha sollevato temi di orgoglio nazionale e sovranità tradita con toni che la Spagna postfranchista sembrava aver dimenticato.

 

Identità e nazionalismo sono tornati a essere temi incandescenti, e non soltanto per la questione di Gibilterra. Il secondo esempio riguarda ovviamente la Catalogna dove, a un anno dal referendum illegale, la lotta degli indipendentisti ha rinfocolato il sentimento identitario spagnolo, con risultati a volte positivi e a volte preoccupanti, a cui hanno contribuito sia Casado sia il leader di Ciudadanos, Albert Rivera (occhio alle terminologie: quando si parla di Catalogna, per gli spagnoli sono i catalani secessionisti a essere “nazionalisti”).

 

Il terzo grande caso di identità contesa riguarda la Valle dei Caduti, il gigantesco e monumentale memoriale della Guerra civile che custodisce la tomba del dittatore Francisco Franco. Al tempo, Franco lo fece costruire come un’opera di riconciliazione nazionale, ma soltanto i nazionalisti che combatterono con lui furono davvero onorati (qui il termine nazionalismo fa un’altra piroetta). Il governo Sánchez ha deciso quest’anno che i resti di Franco saranno rimossi, anche se c’è molto imbarazzo perché nessuno sa dove potrebbe essere trasferita la salma (qualche giorno fa pareva che il Vaticano avesse dato l’assenso per la cattedrale di Madrid, ma poi la Santa sede ha smentito). Per mesi la Valle dei Caduti è stata al centro di un dibattito pubblico altamente politicizzato su identità e uso della storia. Mercoledì un artista galiziano, in segno di protesta, ha disegnato una colomba con vernice rossa sulla tomba del dittatore morto.

 

La Spagna uscita dalla dittatura franchista sembrava un paese liberato dalle ideologie novecentesche, e perfino in questi anni di ascesa del populismo la guida del tecnocratico Rajoy aveva fatto apparire il paese quasi immune. Non è più così, e non è soltanto una questione della nuova strategia identitaria del conservatore Casado: quando nel 2015 Sánchez si presentò per la prima volta come candidato del Partito socialista, tenne il suo discorso d’inaugurazione davanti a una gigantesca bandiera spagnola, rompendo con tutte le tradizioni della sinistra iberica.

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.