(Foto LaPresse)

Gli attriti legastellati con Bruxelles pesano su Atlantia in Spagna

Marco Bolognini

Circola l’idea di “spagnolizzare” i vertici del colosso Atlantia-Abertis perché l’antieuropeismo italiano può essere un handicap

Madrid. Non più tardi di cinque mesi fa, in Atlantia l’ottimismo probabilmente era di casa. L’operazione Abertis era un’opera d’arte imprenditoriale, pensata e strutturata per arrivare a creare il campione europeo delle infrastrutture. Ciononostante, non era stato un cammino agevole quello percorso da Giovanni Castellucci e dai Benetton. L’azienda iberica veniva considerata strategica da ampi settori della politica e del mondo economico spagnoli, e non erano mancate le (comprensibili) resistenze e diffidenze locali che caratterizzano operazioni transnazionali di questo tipo.

 

Di più: gli interessi specifici di Madrid, sede del governo, e Barcellona, sede nevralgica di Abertis, non erano allineati. Entrambi i centri di interesse convergevano sulla necessità di preservare una generica e non meglio definita “spagnolità” dell’azienda. Probabilmente al governo centrale (e a parte del gotha produttivo) non dispiaceva nemmeno l’idea di “de-catalanizzare” Abertis, con l’aiuto più o meno involontario di Atlantia.

 

Per superare reticenze protezioniste e, al contempo, per avvicinare il cuore di Abertis alla vecchia Castiglia, era apparso sulla scena Florentino Pérez, potente e rispettatissimo presidente di Acs e del Real Madrid. Così, con l’arrivo di un attore co-protagonista gradito ai più, si era sbloccata la situazione e il sorriso si era stampato sui volti di casa Atlantia. L’operazione si poteva fare, tra l’altro con equilibri favorevoli per la compagine italiana. Purtroppo, però, due avvenimenti imprevisti hanno colpito la tenuta dell’operazione e la definizione degli ulteriori dettagli d’esecuzione: due sono le date da ricordare per capire meglio gli sviluppi che avranno luogo nelle settimane a venire.

 

La prima, è il 1° giugno 2018, giorno dell’insediamento del governo Conte. La seconda, è il 14 agosto, giorno in cui il ponte Morandi a Genova è crollato con le terribili conseguenze che sappiamo. Se prevedere l’impatto su Atlantia della tragedia di Genova era un esercizio di una immediatezza disarmante al verificarsi del crollo, con tutti gli ovvi e nefasti effetti su rating, valore in Borsa e costi di finanziamento, la comprensione invece di quanto abbia potuto indirettamente incidere il governo Lega-M5s è questione più sottile. L’effetto di entrambi gli eventi inciderà probabilmente sulla nuova governance di Abertis.

 

In questi giorni Acs e Abertis dovranno definire i nomi delle più alte cariche direzionali dell’azienda. Da quanto pattuito a suo tempo, ad Atlantia sarebbe stato assegnato il ceo e a Acs la presidenza non esecutiva. Ora però gli equilibri sono certamente cambiati, e non è peregrino pensare che le parti stiano meditando molto attentamente circa l’opportunità o meno di attraversare un periodo di transizione che assicuri una maggior “spagnolità” delle prime linee, magari promuovendo a ruoli di massima responsabilità un qualche dirigente della vecchia guardia di Abertis.

 

Alle considerazioni più scontate che portano a questa scelta ve n’è una ulteriore: conviene a un operatore come Abertis, strettamente legato ai mercati europei ed al settore pubblico, sbandierare una schietta italianità proprio quando il governo italiano sta creando grattacapi e non poche tensioni in seno all’Unione europea? E’ quello che si pensa e si dice in alcuni ambienti di rilievo in Spagna. Giusto o sbagliato che sia, l’approccio scettico e di ripensamento degli accordi non è a priori incomprensibile.

 

Ampi settori dell’imprenditoria e della politica vedono con timore le relazioni, inevitabili ma pericolose, mantenute da Atlantia/Autostrade con il governo italiano, oggi chiaramente inviso all’Unione europea. Pacta sunt servanda, però il contesto attuale – politico ed economico – non è purtroppo identico a quello in cui si era forgiato il patto Acs-Atlantia. Italianizzare o spagnolizzare, questo è il problema. La saggezza potrebbe indurre a maggiore gradualismo, differendo nel tempo quanto sottoscritto all’epoca.

 

*Marco Bolognini è un avvocato d’affari tra i fondatori di Maio Legal ed editorialista di Expansión

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