Mark Rutte (foto LaPresse)

Come costruire un'Europa “più perfetta”

David Carretta

L’olandese Rutte lancia una visione dell’Unione europea alternativa a Macron. L’unità e poche riforme ma fatte bene

Strasburgo. Mark Rutte, primo ministro dei Paesi Bassi, ieri si è candidato a diventare l’europeista alternativo a Emmanuel Macron nel dibattito sul futuro dell’Unione europea. La risposta alla crisi esistenziale, al populismo che va al potere in alcuni stati membri e alla mancanza di fiducia da parte dei cittadini, non è “più Europa” su tutto o “l’unione sempre più stretta” indicata dai trattati, ha detto Rutte in un discorso davanti all’Europarlamento. In questo XXI secolo, “less is more” (meno è più, ndr). L’obiettivo deve essere più “unità”. Per arrivarci occorre “fare le cose davvero bene in poche aree importanti” come mercato unico, euro, immigrazione, controllo delle frontiere esterne e sicurezza collettiva, lotta contro il cambiamento climatico. “Credo che dovremmo lavorare a un’Unione più perfetta che salvaguardi il nostro stile di vita”, ha spiegato Rutte, delineando una visione che ad alcuni ha ricordato il Tony Blair idealista ed europeista, ma anticentralista e antifederalista. Nel momento dell’uscita del Regno Unito, l’Olanda di Rutte si candida anche a questo: guidare il fronte dei paesi liberali che, prima dei deliri della Brexit, erano capitanati da Londra per frenare un motore franco-tedesco spesso in preda a tentazioni protezioniste e antimercato. Poco più di un anno fa, rivendicando il suo “populismo buono” contro il “populismo cattivo” degli eurofobi, Rutte aveva inflitto una sconfitta definitiva a Geert Wilders in Olanda. Oggi, con “l’Unione più perfetta” contro le chimere macroniane “dell’Unione sempre più stretta”, spera di salvare l’Ue dai soci di Wilders arrivati al governo in Italia e Austria.

 

A due settimane dal Consiglio europeo che deve tracciare una road map per il futuro della zona euro, Rutte ha fissato le sue linee rosse. “A deal is a deal” e questo vale anche per il Patto di stabilità che va rispettato: se i debiti fossero sotto controllo non ci sarebbe bisogno di fondi di stabilizzazione.

 

“No” a una “unione dei trasferimenti” tra paesi ricchi del nord e paesi poveri del sud, perché “la promessa base dell’euro era che ci avrebbe dato a tutti maggiore prosperità, non una redistribuzione della prosperità”. L’Olanda è pronta ad aiutare i paesi in difficoltà, ma a condizione che prima abbiano “messo la propria casa in ordine”. La zona euro 2.0 di Rutte è molto distante da quella del presidente francese Emmanuel Macron, ma anche della cancelliera tedesca Angela Merkel. L’Olanda vuole essere una diga ai progetti franco-tedeschi su web tax, concorrenza e mercato interno. Niente colpi di mano nell’Ue sull’imposizione fiscale, perché le tasse devono rimanere di competenza nazionale. “Gli stati membri più grandi non hanno fretta di aprire il mercato dei servizi” e invece “dovremmo fare squadra per liberare tutto il potenziale del mercato interno”, ha ricordato Rutte.

 

Sull’immigrazione – altro tema centrale al Vertice del 28 e 29 giugno – Rutte pende più dalla parte della solidarietà interna difesa da Merkel, che verso “l’asse dei volenterosi” antimigranti Orbán-Kurz-Seehofer-Salvini. La proposta di creare degli hotspot extra Ue, dove separare rifugiati e migranti economici, è stata educatamente respinta: “L’Olanda non l’ha messa sul tavolo”, “non ho visto nulla di concreto”, in ogni caso “è cruciale” il rispetto delle convenzioni internazionali sui rifugiati, ha spiegato Rutte. La priorità è fare in modo che l’Ue sia pronta “per affrontare la prossima crisi migratoria” con la riforma di Dublino e le quote interne, altrimenti si rischia di “perdere i vantaggi di Schengen”.

 

Sul bilancio 2021-27 dell’Ue, Rutte usa le stesse argomentazioni dell’ex premier inglese Blair nel 2005: “E’ una chance per dimostrare che l’Ue è seria sulle riforme, aggiustando i finanziamenti alle priorità di domani”. L’Ue non può “risolvere i problemi di oggi con le soluzioni di ieri. Non possiamo affrontare il XXI secolo con un bilancio che riflette le realtà di decenni fa. Attualmente, i fondi dell’agricoltura e strutturali si mangiano il 70 per cento del bilancio. Spendere meno in questi settori darà margine per nuove priorità”. Sullo stato di diritto minacciato in Polonia, Ungheria e altrove, Rutte è intransigente, perché “la nostra è un’unione di leggi e di valori” e l’appartenenza all’Ue non è solo una “dichiarazione di intenti”. L’inattesa ovazione che gli hanno riservato i deputati dimostra che Macron non ha il monopolio dell’europeismo. E Rutte è stato costretto a negare un interesse per il posto di presidente del Consiglio europeo nel 2019.

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