Jaroslaw Kaczynski con Beata Szydlo (foto LaPresse)

Kaczynski è scomparso. C'è chi si chiede dov'è e chi sogna il suo posto

Micol Flammini

In Polonia si è aperta, in silenzio, la battaglia per la successione all’interno del PiS. Bruxelles osserva e mostra le sue debolezze

Roma. A Varsavia, in Parlamento, c’è un posto vuoto in prima fila. Lo hanno notato tutti, è di Jaroslaw Kaczynski, il leader del PiS, il partito nazionalista Diritto e giustizia al governo dal 2015. Da oltre un mese, quello scranno nell’ala destra della sala verde è vuoto. “Ha un problema al ginocchio”, aveva scritto su Twitter Beata Mazurek, portavoce del partito dopo che le prime voci e insinuazioni iniziavano ad animare l’Aula. Ma da fine aprile, quel posto è il più fotografato di tutti, perché se già la presenza di Kaczynski in Parlamento faceva parlare di sé, l’assenza è ancora più chiacchierata. Il leader di Diritto e giustizia era stato ricoverato per oltre un mese, dimesso l’8 giugno non è ancora riapparso nella vita politica della nazione. Tanti dubbi, molte speculazioni fino alla conferma: il ministro della Salute, durante un’intervista alla radio, ha ammesso che il leader del partito è stato in pericolo di vita. Da Kaczynski, che ieri compiva sessantanove anni, nemmeno un segnale o una dichiarazione. Domenica avrebbe dovuto essere a Stettino per partecipare all’inaugurazione di un monumento dedicato al fratello gemello Lech, morto nel 2010 in un incidente aereo mentre era presidente. Rimasto solo alla guida di un partito che i due fratelli avevano creato insieme, Jaroslaw con pazienza e dedizione ha trasformato il Pis in un partito-persona.

 

Tra smarrimento e aspirazioni, si è aperta all’interno di Diritto e giustizia la battaglia per la successione che potrebbe anche determinare un cambiamento nei rapporti con l’Europa. Il PiS si è sempre presentato come un partito compatto, un riflesso della volontà di Kaczysnki. Gli uomini che il leader ha schierato al suo interno sono suoi cloni politici, ma presentano sempre alcune sfumature alla linea e c’è anche chi pensa che sarà proprio Kaczynski a designare il suo successore. E in parte potrebbe averlo fatto a dicembre quando ha nominato Mateusz Morawiecki primo ministro, destituendo Beata Szydlo, figura silenziosa, costantemente indecisa che aveva destato molti malumori per il vizio di non riuscire a prendere decisioni da sola, in qualsiasi ambiente si trovasse consultava prima il leader del partito. La Szydlo piaceva alle classi meno agiate e il PiS stava perdendo il consenso della borghesia conservatrice, così è arrivato Morawiecki. Un banchiere che ha studiato all’estero, che parla fluentemente l’inglese e il tedesco. Che sa presentarsi alle élite europee, le quali dopo la sua nomina avevano tirato un sospiro di sollievo, soffocato in fretta dalle sue prime mosse politiche: il provvedimento sulla memoria dell’Olocausto e la nuova legge sull’aborto.

 

Joachim Brudzinski, ministro dell’Interno entrato nella squadra di governo con Morawiecki e tra i probabili successori, è l’unico ad aver rilasciato una dichiarazione: “Kaczynski ha il pieno controllo del partito e non pensa alla successione – ma poi si è tradito – Chiunque aspiri al suo posto dovrà armarsi di molta pazienza”. Ma se Morawiecki non sarebbe di certo una figura accomodante per l’Ue, Zbigniew Ziobro, ministro della Giustizia e autore della riforma della magistratura, accusata di ledere lo stato di diritto, che potrebbe costare alla Polonia l’attivazione dell’articolo 7, lo sarebbe ancora meno. Eppure Ziobro ha molto seguito ed è il simbolo della resistenza di Varsavia contro Bruxelles. Una lotta che sta diventando la prova della debolezza dell’Unione. Ieri Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione, era in Polonia per gli ultimi colloqui con Morawiecki prima di compiere il passo decisivo verso la procedura sanzionatoria. Alla fine dell’incontro il premier ha dichiarato: “Ci sono persone che non sono inclini al compromesso, sono felice che Timmermans non sia una di queste”. Mentre i polacchi protestavano per mostrare alla Commissione che non tutta la Polonia è a favore di questa riforma, il primo ministro, e chissà erede del partito-persona, mostrava loro che il PiS sta vincendo la sua battaglia contro Bruxelles.

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