(foto LaPresse)

Regolarizzare gli immigrati, meno burocrazia e dirigismo. Parla Tito Boeri

Luciano Capone

“Stato imprenditore? Mi fa paura. Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario? E’ come tassare le imprese”

Roma. Aiuti alle imprese, sussidi per i lavoratori, regolarizzazione degli immigrati ed evitare politiche troppo dirigiste. Secondo Tito Boeri, economista della Bocconi, in questa fase lo stato dovrebbe evitare di fare troppe cose e concentrarsi per fare meglio quelle più necessarie. “Il problema più importante è la liquidità alle imprese, in particolare le più piccole. Attualmente il 40 per cento dei lavoratori a casa è in aziende con meno di 5 dipendenti che hanno azzerato il fatturato. Queste imprese entrano in un circolo vizioso, fatto di erosione del patrimonio e maggiore difficoltà a indebitarsi da cui possono non uscirne vive. Bisogna intervenire prima”.

 

Il governo l’ha fatto con il decreto, ma la liquidità non arriva. Le banche non si fidano della garanzia statale? “Non è che non si fidano, è un tema di responsabilità civile e penale. Anche se il prestito è garantito al 100 per cento dallo stato, se viene erogato a qualcuno che non è in grado di ripagarlo, può esser promossa un’azione da altri creditori. E così la banca teme di non poter escutere la garanzia statale”. Insomma, più che un atto d’amore delle banche servirebbe uno scudo per le banche. “Servirebbe una manleva, perché molte banche, soprattutto nelle sedi più piccole, fanno fatica a concederela liquidità”. 

 

“Viaggiamo attorno alle 10 mila domande al giorno al fondo di garanzia – dice l’economista –, ma la popolazione di riferimento è di 4 milioni di partite Iva e imprese. Serve molto di più”. Senza ossigeno non sopravviveranno. “La rapidità è fondamentale. La moratoria sui pagamenti è stata importante, ma deve essere prolungata oltre settembre. La cassa integrazione arriva troppo in ritardo, i pagamenti diretti dell’Inps sono ancora pochissimi e le imprese piccole e medie non possono anticipare l’erogazione come fanno le grandi. Sono cose dette e stradette. Bisogna semplificare le procedure”.

 

Ci sono ritardi sulla cassa integrazione? “Per quella in deroga sono lunghissimi, sbagliato passare per le Regioni”, risponde Boeri. “Già la cassa integrazione ordinaria andava migliorata, ha quattro passaggi ma ne servirebbero solo due: la richiesta dell’azienda e l’approvazione dell’Inps. Aspettare l’approvazione del sindacato in questo contesto non ha senso. Chi può opporsi al fatto che un’azienda venga salvata? E’ ovvio che c’è una causa esogena. Queste cose qualcuno doveva spiegarle prima al decisore politico”. Oltre ai prestiti, emergono diverse proposte di ingresso dello stato nel capitale delle imprese per indirizzarne alcune scelte, magari attraverso un posto in cda. “E’ un ragionamento che fa molta paura, soprattutto in una fase in cui si affermano tesi molto forti sul ruolo dello stato. E’ inutile evocare gli interventi temporanei come quello di Obama nel settore automobilistico, quello è tutto un altro mondo. Da noi oggi il problema principale riguarda le pmi, più che le grandi aziende che hanno sempre avuto un rapporto privilegiato col sistema bancario. Per le pmi l’intervento nel capitale è complicato”. C’è chi vede in questa epidemia una funzione catartica, un’occasione per ridisegnare attraverso lo stato il sistema industriale, indirizzando gli investimenti e scegliendo i settori strategici. Che ne pensa? “Mi terrorizza, perché nessuno è in grado di prevedere una cosa del genere. Ci sono tendenze evolutive che riguardano tutti i settori, sapere in anticipo quali sono i settori strategici, chi ce la farà e chi no è impossibile. L’esito più probabile è che alla fine le imprese verranno gestite dalla politica e abbiamo già ottimi esempi di come le cose potrebbero andare, basta guardare a come viene gestita la macchina pubblica. La differenza tra le visioni ideali e la realtà è sempre molto ampia”.

 

Il governo è intervenuto anche per calmierare il prezzo delle mascherine. “E sono introvabili. Era una conseguenza prevedibile”. Il commissario Arcuri direbbe che lei è un liberista da divano con il cocktail in mano. “Ma no, su questo sono tutt’altro che liberista – risponde sorridendo Boeri –. Siamo inevitabilmente in una situazione in cui ha senso che lo stato intervenga per far riconvertire le aziende e aumentare le linee produttive. Una volta aumentata la capacità di produzione di mascherine, la discesa del prezzo sarebbe stata una conseguenza. Purtroppo non basta annunciare un prezzo calmierato per trasformare la realtà”. Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Ha senso ora lavorare meno, lavorare tutti? “Non capisco il principio. Siamo in un momento in cui dobbiamo aiutare le imprese a sopravvivere. C’è un calo dei profitti e un aumento dell’indebitamento, interi settori italiani rischiano di chiudere. Che conseguenza ha ridurre l’orario di lavoro a parità di salario? Fa aumentare i costi delle imprese. E’ come tassarle. Davvero non capisco. Forse c’è chi crede che il lavoro sia una variabile indipendente”. Un’altra proposta è la regolarizzazione degli immigrati. Può servire? “Va fatta assolutamente. Ho visto con molto favore la campagna sul vostro giornale. Non capisco le obiezioni. Ci sono sia motivi economici sia di salute pubblica, c’è una completa convergenza tra gli obiettivi. Ci sono settori strategici in questa fase come l’agroalimentare che sono a rischio, dove c’è bisogno di manodopera regolare. Inoltre non possiamo avere una sacca di centinaia di migliaia di persone che per la condizione di irregolarità sfuggono alle politiche sanitarie. Non vorrei che, come a Singapore, si rischi un’ondata di ritorno dell’epidemia legata agli immigrati”.

 

Cos’altro si può fare? “Togliere burocrazia nei rapporti di lavoro. E fare attenzione alla moria del lavoro a tempo determinato, contratti di cui non sono certo un fan. Ma di fronte all’incertezza le imprese sono riluttanti ad assumere a tempo indeterminato, e con il ‘causalone’ previsto dal decreto dignità si rischia di uccidere il lavoro. Bisogna poi intervenire sulla cassa integrazione, consentendo alle persone di fare altri lavori per integrare il reddito, magari in settori dove c’è bisogno di lavoro stagionale come l’agroalimentare. Stesso discorso per il reddito di cittadinanza, che ora blocca le persone nel sussidio, anche perché si è perso traccia dell’Anpal”.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali