La nave ong Alan Kurdi (foto LaPresse)

La "fase 2" che non piace al Conte bis è quella sui migranti

Luca Gambardella

La Guardia costiera ferma in porto le navi delle ong mentre aumentano gli sbarchi autonomi sulle coste italiane. Peggiorano le condizioni dei 79 a bordo di una portacontainer. La discontinuità che non c'è sui soccorsi in mare

Se il Conte 2 medita un cambio di passo a proposito della regolarizzazione dei migranti irregolari, c’è invece un altro ambito su cui rifiuta categoricamente di passare a una “fase due” rispetto alla gestione del governo gialloverde: quello dei salvataggi in mare. Ieri, la Guardia costiera ha notificato a due navi umanitarie – la tedesca Alan Kurdi e la spagnola Aita Mari, entrambe ormeggiate al porto di Palermo – altrettanti fermi amministrativi. Le ispezioni hanno rilevato “diverse irregolarità di natura tecnica e operativa tali da compromettere la sicurezza degli equipaggi e delle persone che sono state e che potrebbero essere recuperate a bordo”. Pertanto, i provvedimenti costringeranno le navi in porto almeno fino alla “rettifica della irregolarità” da parte dei rispettivi stati di bandiera, cioè Germania e Spagna.

 

Le motivazioni del fermo avanzate dalle autorità italiane “sono grottesche”, ha commentato Gorden Isler, il presidente di Sea Eye, l’ong tedesca che gestisce le missioni della Alan Kurdi. “Se davvero l’Italia teneva tanto alla sicurezza di equipaggio e persone salvate non avrebbe dovuto trattenerci in acqua per 12 giorni”. Il mese scorso, la nave aveva salvato 146 migranti in acque internazionali ma il governo italiano e quello maltese le avevano negato l’approdo in seguito alla chiusura dei porti per l’emergenza coronavirus. Per lo stesso motivo una nave portacontainer, la MV Marina, resta ancora ferma a sud di Lampedusa con 79 naufraghi a bordo. L’armatore tedesco accusa di essere stato “abbandonato dalle autorità” e denuncia momenti di tensione sulla nave, con tanto di risse armati di coltelli e condizioni sanitarie sempre più critiche.

 

 

Le ong protestano e definiscono quelli adottati dal governo come degli espedienti usati per ritardare le attività di salvataggio in mare. Ma non si tratta di una novità introdotta dal Conte bis. L’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini, coadiuvato dall’allora ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, era solito emanare atti analoghi per trattenere in porto le ong. Anche in quel caso il tutto avveniva in nome della sicurezza di chi era a bordo. Nel frattempo però gli sbarchi autonomi sulle coste italiane continuavano. Allora come oggi. Lunedì ci sono stati tre sbarchi a Lampedusa, per un totale di oltre 100 persone; stanotte è stata la volta di altre 156 partite da Zuwarah, in Libia, sebbene siano in aumento anche le partenze dalla Tunisia. I sindaci di Lampedusa e Pozzallo protestano da settimane con Palazzo Chigi e chiedono un intervento deciso per mettere in quarantena chi sbarca. Così il ministero dell’Interno ha trovato due sole risposte da attuare nell’immediato. Da una parte si è procurato una nave per mettere in quarantena i naufraghi (oltre alla Rubattino, affittata dalla compagnia Tirrenia a Palermo, se ne aggiungerà presto un’altra da dislocare tra Catania e Pozzallo). Dall’altra, con i provvedimenti di mercoledì, ha messo un freno alle partenze delle navi umanitarie. Nel Mediterraneo intanto non naviga più nessuno, a parte i barconi che con il bel tempo continuano ad arrivare sulle coste italiane. Repubblica oggi ha titolato “La fase due degli scafisti”, per riferirsi a una ripresa massiccia degli sbarchi sulle nostre coste: piuttosto, sembra di assistere ancora a una lunga “fase uno”.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.